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Reato clandestinità: il problema è tecnico
di ENRICO GAGLIARDI

[09 giu 08] “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. Eccolo, stando a quanto scritto sui quotidiani di questi giorni, il testo del tanto discusso reato di immigrazione clandestina foriero di scontri e polemiche tra maggioranza ed opposizione; eccola dunque la disposizione che sta creando non pochi scompigli persino all’interno della coalizione di governo e che ha ricevuto la bocciatura di parecchi organismi internazionali nonché del Vaticano. L’accordo sull’approvazione della norma sembra ancora lontano tanto che lo stesso Silvio Berlusconi ha fatto retromarcia negli ultimi giorni a favore di una linea più morbida decisamente non apprezzata dalla Lega Nord, interessata invece all’emanazione immediata della norma. Probabilmente il partito di Umberto Bossi è l’unico a difendere con tanta tenacia il provvedimento, considerando i pareri contrari piuttosto diffusi: non pochi mugugni sono arrivati infatti anche da Alleanza Nazionale, che sembra si sia opposta all’inserimento di tale reato direttamente nel decreto legge sulla sicurezza a favore di una “parlamentarizzazione” della norma più in grado di mettere d’accordo tutti. Fortissime anche le pregiudiziali della magistratura (e fino a qua nulla di nuovo sotto il sole) e delle Camere penali, le quali per bocca del suo presidente hanno censurato con decisione l’adozione della fattispecie.

Difficile non accogliere le resistenze di chi ritiene non solo inutile ma addirittura dannosa l’introduzione del reato di immigrazione clandestina. Tralasciando il merito della questione sulla quale si può discettare a piacimento, quello che balza agli occhi e che inspiegabilmente il governo sembra trascurare, è l’impraticabilità di una fattispecie del genere: in altri termini la norma è carente soprattutto ed in primo luogo dal punto di vista tecnico. In un ordinamento giuridico come il nostro, caratterizzato dalla paralisi drammatica di un processo penale in stato di necrosi, pensare di introdurre una disposizione del genere e soprattutto di farla rispettare, vuol dire agire politicamente in totale distacco dalla realtà dei fatti, significa intasare ulteriormente i tribunali nazionali a scapito di un’impossibile effettività concreta della norma e soprattutto vuol dire non rendersi conto di quale periodo di crisi stia attraversando la nostra giustizia da parecchi anni. A poco servirà l’introduzione del giudizio direttissimo che in tutta evidenza, stante la lentezza dei processi italiani, rischia di avere sulla situazione un mero “effetto placebo”.

Certo, è vero che la medesima fattispecie penale è presente anche in altri Paesi europei, ma si dimentica un dato fondamentale a chiusura di un ragionamento del genere: la differenza dei sistemi giuridici. In Francia, ad esempio, dove esiste il reato di immigrazione clandestina, vige un impianto processuale penale, soprattutto quanto ai principi costituzionali in materia di magistratura, radicalmente diverso dal nostro e qualsiasi comparazione tra le due situazioni è praticamente impossibile. Come accostare al nostro un sistema come quello francese in cui la magistratura inquirente risponde al ministro della Giustizia e dove il concetto di obbligatorietà dell’azione penale è formulato in un modo totalmente differente (tanto da far propendere qualche studioso per la non esistenza di fatto del principio)? Decidere di spostare il tiro sull’ambito penale equivale a complicare un problema già sufficientemente serio, per non parlare dei profili di dubbia costituzionalità che certamente verranno sollevati nel primo caso di applicazione della fattispecie come è già successo per il decreto, limitatamente alla parte in cui si prevedeva l’aggravante per il soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale. Il governo dovrebbe tenere conto di tutte queste difficoltà in sede di approvazione della legge e forse Berlusconi le ha già prese in considerazione visto il suo recentissimo ripensamento. Quello che la politica deve evitare come la peste in questo momento è uno sciocco muro contro muro.


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