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I provvedimenti in mezzo al guado della legislatura
di Enrico Gagliardi

[25 feb 08] In un’interessantissima inchiesta pubblicata recentemente da Il Sole 24 Ore, unita ad un ficcante editoriale di Marcello Clarich, docente di Diritto Amministrativo alla Luiss Guido Carli di Roma veniva posto in luce un problema di cui nessuno pare davvero interessarsi e che molti sembrano colpevolmente trascurare: nel corso di questa legislatura appena finita sono stati emanati tutta una serie di provvedimenti di cui però si è rimandata l’applicazione concreta. In altri termini, dalla giustizia agli enti di ricerca passando per il welfare e il nuovo assetto del fisco, siamo in presenza di una normativa di cui si procrastina l’applicazione e che ora, proprio con la caduta del governo Prodi, rischia di non vedere mai la luca in termini definitivi. I dati sono davvero allarmanti: la Finanziaria 2008 da poco approvata prevede l’esistenza di 202 provvedimenti attuativi da varare entro un termine specifico oppure addirittura senza data. Il Prof. Clarich ci informa che lo stesso perverso meccanismo è stato utilizzato già nella legge di bilancio 2007. Un vero e proprio mal costume reiterato ed è inutile sottolineare come la maggior parte di questi provvedimenti non si siano poi tradotti in norme effettive.

Ovviamente la situazione si aggrava e di molto nel momento in cui sopraggiunge una crisi Parlamentare che provoca la caduta di un governo e dunque la fine della maggioranza in carica: in tale contesto infatti la fine di un’esperienza governativa e la necessità di creare una nuova compagine tramite elezioni anticipate (proprio come è successo con Romano Prodi) si abbatte come un vero e proprio ciclone, creando uno stallo normativo. In buona sostanza da sempre si assiste ad un fenomeno assai singolare: tutti i governi in carica che si succedono nel tempo (tranne quello Berlusconi che in tal senso rappresenta un’incredibile eccezione) lavorano in termini normativi non nel presente ma sempre in previsione futura quasi fossero convinti di durare un’intera legislatura, cosa che puntualmente non avviene mai. La classe dirigente si muove fuori sincrono rispetto alle norme che emana e la vita breve di tutte le maggioranze lo dimostra in maniera incontrovertibile. Fin qui il dato prettamente giuridico ma visto che spesso il diritto, volente o nolente si traduce in decisioni politiche, è inevitabile che tutto ciò porti conseguenze anche in termini di governabilità.

Questo rimandare continuamente l’applicazione dei provvedimenti, la volontà precisa, quasi scientifica da parte delle varie maggioranze di pensare sempre al futuro incerto e mai “ad un oggi” spesso drammatico e bisognoso dunque di soluzioni immediate, palesa un crisi profonda ed evidente della politica. Una politica strozzata dai veti incrociati, dalle consorterie, dai grumi di interessi che di fatto impediscono scelte immediate e soprattutto di subitanea applicazione pratica; intanto si continuano a perdere occasioni e gli esempi in tal senso potrebbero essere tantissimi: si pensi per esempio alla questione della previdenza e della sicurezza sul lavoro, tutte materie letteralmente appese a provvedimenti a breve scadenza con evidente detrimento dei beneficiari e cioè i lavoratori. In questo settore la delega va esercitata entro il primo di aprile e la posta in ballo non è di poco conto, se si considera che collegati a tale provvedimento ci sono ben un milione e mezzo di lavoratori definiti “usurati” che proprio in base alla legge sul welfare sarebbero potuti andare in pensione tre anni prima degli altri. Un gran caos insomma.

La materia dell’occupazione poi è, se possibile, ancora più intricata visto che è in ballo la riforma degli armonizzatori sociali di cui si discute ormai da due lustri e che tantissime divisioni ha portato in seno alla maggioranza di governo appena passata. La sfilza dei provvedimenti in serio pericolo di attuazione si conclude con la materia della sicurezza sul lavoro: il provvedimento in questione potrebbe essere approvato dal governo come “gestione degli affari correnti” ma in questo senso sono già tante le polemiche visto che temi del genere per forza di cose non appartengono alla gestione ordinaria essendo al contrario atti di vero e proprio indirizzo politico. La cosa non meraviglia molto se si pone attenzione alla composizione della maggioranza a sostegno di Romano Prodi: troppe differenze, troppe anime portatrici di ideologie spesso diametralmente opposte conducono a conseguenze di questo tipo. Per mettere d’accordo tutti si è costretti a scendere a compromessi parcellizzando così le decisioni e rimandandone l’applicazione e, dunque, il problema. A margine di uno stallo e dei danni che questo comporta resta solo un’altra occasione persa per l’Italia e una politica sempre più incapace di mettere mano ai nodi del Paese.



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