Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

Perché il nord-est si fida della Lega
di CARLO MENEGANTE

[18 apr 08] In Veneto un elettore su 4 ha scelto Lega Nord. Un risultato straordinario per questo partito, che negli ultimi anni aveva patito la rinascita di altri movimenti autonomisti, dalla Liga Veneta al Progetto Nord Est del defunto Panto. Le percentuali raggiunte, che diventano ancora più significative se al 26,1 per cento in Veneto affianchiamo il 20,7 per cento in Lombardia, il 7,7 in Emilia Romagna, il 13 in Friuli Venezia Giulia e il 12,3 in Piemonte, devono destare sorpresa, ma non preoccupazione. Non si tratta, infatti, di una deriva leghista del Nord (leghista per la percezione che la maggior parte della popolazione italiana ha del movimento, classificato come razzista, ignorante, folkloristico), quanto di un messaggio preciso e forte nei confronti di Roma, mandato anche ma non solo dall’elettorato storico autonomista veneto – che, tra l’altro, rimane ancora diviso tra Liga Veneta e Lega Nord. Chi ha votato per la Lega? Il movimento nordista ha intercettato i voti di leghisti storici, degli ex di Panto, del popolo delle partite Iva, degli operai e di una parte degli elettori di Alleanza Nazionale e Forza Italia. Il perché sta nel fatto che il nord-est (ma si può dire con buona approssimazione tutto il nord) si è stufato davvero dell’Italia centralista, burocratica, che pensa a inventare sempre nuove imposte per i cittadini senza eliminare gli sprechi. Hanno ragione Bossi e Maroni, la Lega si è ripresa la borghesia, non prende più voti solo nelle campagne e nei monti, ma ha riconquistato le città.

Come ha fatto ad acquistare la fiducia di tutti questi elettori? Conducendo una campagna elettorale lunga un decennio, fatta non di parole ma di azioni concrete, e vivendo il territorio con sezioni e attività di amministrazione negli enti, cercando il più possibile di affiancare questa serietà alla mai dimenticata vena popolare, che si è espressa, soprattutto fino alla metà degli anni Novanta, con i “riti celtici”, con la celebrazione sul Po, con la secessione con le sagre padane, con Pontida e il conio delle monete nordiste, le leghe. Molte delle persone che nelle ultime settimane hanno deciso di votare Lega, non avevano mai votato per Bossi, tutti erano tra Fi e An. Fino a queste elezioni, la Lega era il partito degli operai, dei contadini e della gente senza cultura. Ora sta diventando anche quella di universitari, ingegneri, lavoratori autonomi, tutta gente che non vota Lega per vedere la Padania staccata dall’Italia, o perché ce l’ha con gli stranieri a priori, ma perché vuole davvero il federalismo fiscale, vuole abbattere i privilegi delle regioni autonome o almeno una parificazione al loro sistema, vuole un controllo dell’immigrazione e della criminalità, non vuole più vedere che il Paese è in crisi per lo smaltimento dei rifiuti, vuole gente che va a Roma a lavorare per i cittadini e il territorio e non a scaldare una poltrona in Parlamento. La gente vuole le riforme, poche beghe in Parlamento all’interno della maggioranza, libertà e sicurezza nella vita di tutti i giorni. La Lega, si sa, non è pienamente coerente con tutti i suoi buoni propositi, ma un veneto cosa poteva scegliere? Il Pd? Mai, non fa parte delle tradizioni locali votare sinistra: qualcuno ci ha provato la scorsa volta e tutti hanno visto come è andata a finire...

Scegliere il Pdl? In Veneto non è ancora chiara l’organizzazione di Forza Italia (partito che viene percepito come diviso tra socialisti e democristiani, dove i rappresentanti dell’una e l’altra fazione perdono tutta la giornata a litigare tra di loro, invece di fare sezioni e attività sul territorio) e An (non pervenuta, mai, se non come succursale delle Federazioni di Caccia…). La Lega, invece, è visibile ogni giorno in ogni comune del Veneto, con sedi ed esponenti impegnati in politica e in piazza. Talvolta i leghisti accolgono e si circondano di gente molto discutibile (e queste persone fanno anche carriera). Però quando c’è da prendere un contributo provinciale, regionale, nazionale o europeo, è ai rappresentanti leghisti che le amministrazioni di ogni colore si rivolgono, sempre. Perché i cittadini veneti hanno l’impressione che forzisti e democratici stiano negli enti per la poltrona e vengano scelti “dall’alto”, sicuri di un consenso comunque stabile, mentre i leghisti godono dell’appoggio popolare solo se lavorano bene, e non darebbero mai un dispiacere alle loro riserve elettorali. I leghisti “non se la tirano” e arrivano su in macchina fino a casa tua, nel tuo piccolo comune, a valutare dal vivo il problema. I leghisti si fermano con te a mangiare, e parlano il tuo stesso dialetto. E se c’è la possibilità di aiutare i paesi svantaggiati territorialmente, li aiutano. Riassumendo, i veneti si sono proprio scocciati di essere considerati dei contadini. Hanno dato, tutti, dall’operaio all’ingegnere, un’opportunità alla Lega. La Lega se l’è guadagnata sul campo, con fedeltà e applicazione, ma questa possibilità non deve sprecarla, altrimenti già dalla prossima elezione tornerà ad essere il piccolo partito identificato come quello dei razzisti e degli ignoranti.


Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________
IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



I messaggi subliminali del GF
di Daniele Capezzone



Berlusconi alla prova della Merkel
di Pierluigi Mennitti



Il dopo-voto e
la crisi economica

di Massimo Lo Cicero



La rivoluzione
di Nojoud

di Barbara Mennitti



W, il film anti-Bush di Oliver Stone
di Domenico Naso



Pagliarini, una vita per il federalismo
di Stefano Caliciuri