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[17 mar 08]

Sensazioni immaginarie di un candidato


Se conoscesse Fabrizio De Andrè gli verrebbero in mente i versi “Sono state giornate furibonde, senza atti d’amore, senza calma di vento, solo passaggi e passaggi, passaggi di tempo, ore infinite come costellazioni e onde”. Se conoscesse De André potrebbe considerarsi anch’egli una fra le poche “Anime salve”. Ma De Andrè lo mastica poco e in fin dei conti non gliene può fregare di meno. A dirla tutta si sente solo intontito dalle decine e decine di telefonate che lo hanno lasciato appeso per giorni, a dondolare sul precipizio di una mancata riconferma. Stremato, ha infine ricevuto la notizia che quanto gli era stato promesso, poi negato, quindi di nuovo assicurato è stato – ma quanta fatica! – mantenuto: quinto posto in lista e rielezione sicura, non importa se a vincere le elezioni saranno i suoi o quegli altri. Oddio, il nuovo collegio è a 1200 chilometri da dove abita e lì non lo conosce nessuno. Non c’è però da preoccuparsi. E neppure, a essere sinceri, da spostarsi. Da Roma gli hanno anzi fatto capire che meno parla, meno si muove e meno si fa notare e più sono contenti.   

Non ascolta De Andrè ma conosce benissimo i suoi polli. Gente che nelle ultime ore lo salutava con minor fervore, con convinzione pallida. Il dubbio dell’inutile omaggio al perdente, ecco cosa li stava logorando. E lui a far la faccia buona, come se non capisse che quegli “onorevole” di qua e “onorevole” di là non mascherassero già un impercettibile filo di ironia malmostosa. Tutto finito, comunque. La voce si è sparsa, le liste sono state pubblicate, il rango è conservato, le untuose strette di mano continueranno a cadenzare le sue giornate. Certo, poi ci sono anche gli invidiosi, i rancorosi. Quelli che non sanno perdere. Quelli che ancora pensano che la politica sia un pranzo di gala dove si mangia in punta di forchetta, pulendosi ogni volta la boccuccia col tovagliolo delle buone intenzioni. Tipi come il collega di partito al quale ha soffiato il posto: preparato, colto, simpatico ma – vogliamo dirla tutta? – pure con la faccia un po’ da coglione. E che giusto il giorno prima, incontratolo per strada, gli ha sparato in faccia un “Concepisco il bacio al lebbroso ma non tollero la stretta di mano al cretino!”. Lì per lì ci è rimasto di sasso. Poi si è fatto spiegare da un amico che quella battuta non era nemmeno sua ma di un certo Pitigrilli. Uno che ai suoi tempi aveva fatto la spia per l’Ovra e che quindi tanto sincero democratico mica doveva esserlo. E allora che lo sconfitto se ne rimanga a casa a leggere i suoi Pitigrilli e a rodersi il fegato, chissenefrega.    

Ha appena finito di rassicurare al telefono la sua amica di Roma (“Tranquilla, piccola. E’ fatta. L’appartamento puoi tenerlo, continueremo a vederci”) quando gli torna in casa la moglie. Tiene in mano i biglietti ritirati all’agenzia di viaggi, sorridendogli soddisfatta. Da non crederci, per una volta è stato di parola… Chissà le amiche quanto schiatteranno per l’invidia: una vacanza di un mese tra marzo e aprile non è mica da tutti! Lui la bacia, amorevole. E intanto pensa all’invidiabile abbronzatura che sfoggerà fra un mesetto in Parlamento, nella seduta inaugurale della sedicesima legislatura.

 


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