Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

[07 mag 08]
Gli anglosassoni e la globalizzazione, botta e risposta sul Financial Times

Un filo rosso lega le pagine del Financial Times (FT), e le pagine intangibili del suo sito web davvero world wide: esso si snoda tra le analisi di grandi opinionisti internazionali che leggono, ciascuno di loro singolarmente e tutti loro facendo interagire reciprocamente diagnosi e terapie, la dinamica e gli esiti possibili della globalizzazione dei mercati e della sperimentazione sulla regolamentazione possibile a questa nuova scala della produzione e del consumo di merci e materie prime. Segnaliamo ai nostri lettori una breve sequenza di questa interazione tra menti brillanti che rappresenta certamente un beneficio netto per il mondo intero e che è stato reso possibile dalla sovrapposizione tra le nuove tecnologie della information and communication technology e la tradizione del giornalismo anglosassone che si ostina a contrapporre, in una spirale virtuosa i fatti e le opinioni sui fatti. Le date che citiamo si riferiscono tutte al 2008, l’anno in cui ci troviamo.

Il 17 di marzo, Alan Greenspan, ex presidente della Federal Reserve e noto al mondo intero con il soprannome di maestro (delle politiche monetarie) pubblica un articolo sul FT costruito su un punto assai radicale “non avremo mai a disposizione un modello perfetto per analizzare il rischio”: non riusciremo mai a capire prima quando e come si apriranno le crisi e, di conseguenza, faremo bene a non travolgere, con le nostre imperfette regole di governo del mercato, i due pilastri che ci difendono dai fallimenti dell’economia e della finanza, la flessibilità dei mercati ed un regime di competizione aperta. L’articolo suscita varie repliche e commenti sul blog di FT che ospita il forum degli economisti. Il 6 aprile il Maestro replica ai suoi critici con una articolo scritto esclusivamente per il blog in questione. Ribadisce il suo punto di vista ed aggiunge: credo che i banchieri che gestiscono il rischio dispongano di conoscenze migliori di quelle dei governatori delle banche centrali. I gestori del credito, nella mia esperienza, hanno conoscenze molto più estese sul rischio e sul modo di operare delle proprie controparti di quanto non siano quelle dei regolatori bancari che osservano il comportamento di quelle controparti.

Lawrence Summer, già ministro del Tesoro nell’amministrazione Clinton ed ora professore alla Harvard University, era intervenuto, il 30 di marzo, per individuare i passaggi necessari per salvaguardare l’economia americana dalle insidie della crisi in atto sui mercati finanziari. Annunciando che la spirale viziosa tra effetti finanziari ed effetti reali della crisi avrebbe potuto ribaltarsi in una spirale virtuosa grazie alla combinazione tra manovra monetaria, l’aumento della liquidità, e manovra fiscale, i rimborsi fiscali e l’aumento di spesa pubblica. Il 15 di aprile, dopo Greenspan, prende la parola Martin Wolf, associate editor and chief economics commentator del Financial Times. Ricorda che la competizione non funziona bene nei mercati finanziari ma aggiunge anche che le emozioni, ed il sentiment, contano dove le incertezze si presentano minacciose. La regolamentazione deve essere sviluppata ma, in ultima analisi, noi siamo condannati a tentare di rendere meno instabili i mercati finanziari. In fondo è impossibile ottenere questo risultato e forse è anche indesiderabile pretendere di avere un sistema finanziario che non presenti mai una crisi. Ma il fuoco della crisi non dovrebbe mai bruciare troppo intensamente, altrimenti finirebbe per distruggere la nostra economia.

Summers ritorna sulle pagine del FT il 27 aprile ed annuncia che, piuttosto che allargare ancora una discussione dominata dai temi della crisi finanziaria, dovrebbero essere affrontate le questioni reali dell’economia globale ed, in particolare, bisognerebbe darsi nuovi argomenti e nuove interpretazioni sulla dimensione del libero commercio e degli effetti, nelle e sulle singole economie, della progressiva liberalizzazione ed integrazione degli scambi alla scala mondiale. Se le economie di altri Paesi crescono, i produttori americani ricevono il beneficio di avere mercati più larghi in cui vendere ma vengono anche sfidati da una competizione più insidiosa. Non è detto che il secondo effetto prevalga sul primo ma ci sono buoni motivi per credere che il successo delle imprese americane potrebbe, in futuro, diventare un problema per i lavoratori americani. E promette ulteriori sviluppi per il 5 maggio. Giorno in cui arriva puntuale un suo ulteriore commento: una strategia per una globalizzazione sana e robusta. Virtuosa, verrebbe voglia di aggiungere.

Una economia mondiale dove la deregolamentazione non venga invocata per ridurre i diritti delle parti deboli che agiscono sui mercati domestici: quella della finanza contro la incapacità dei risparmiatori di capire complesse ingegnerie finanziarie; quella del regime di welfare per ridurre la protezione dei lavoratori. Solo nei mercati chiusi infrastrutture e formazione del capitale umano aumentano il valore dei salari perché aumentano la produttività del lavoro domestico. La combinazione tra innovazione, cultura aziendale e valore dei brand - l’impatto della conoscenza sulla produzione - viene capitalizzato solo in favore degli azionisti delle grandi imprese, se si combina con l’outsourcing delle lavorazioni nei Paesi dove è debole il regime salariale perché è debole il profilo professionale dei lavoratori. L’allentarsi della relazione tra gli interessi degli uomini d’affari e quelli della nazione (il decoupling, come dicono gli americani) potrebbe essere inevitabile ma non si possono allentare i legami tra gli interessi dei lavoratori americani e la politica economica internazionale degli Stati Uniti.

Confrontare questo tono del dibattito anglosassone con i temi agitati nella nostra recente campagna elettorale lascia una brutta sensazione nella mente di chi voglia cimentarsi con questo esercizio analitico. Egli dovrebbe constatare il decoupling, tutto italiano, tra la soddisfazione degli interessi generali ed il dibattito politico. Ricavandone una sgradevole sensazione sull’efficacia prospettica delle nostre istituzioni nel governo delle azioni collettive.   


Approfondimenti 
Blog del Financial Times sulla politica economca
Pagina del FT con gli articoli di Summers
La replica di Alan Greenspan ai suoi critici
L'articolo di Martin Wolf

 


 

vai all'indice di Mercati mondiali


Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________
IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



Più Balladur
e meno Attali

di Daniele Capezzone



In viaggio da Berlino a Bonn
di Pierluigi Mennitti



Gli anglosassoni e la globalizzazione

di Massimo Lo Cicero



Lesbo sul piede
di guerra

di Barbara Mennitti



Salviamo la festa del cinema di Roma
di Domenico Naso



Marco Casella, l'importanza della politica estera
di Stefano Caliciuri