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IL TRIONFO DI MEDVEDEV APRE LA DIARCHIA A MOSCA
La vittoria scontata di Dmitry Medvedev potrebbe aprire scenari interessanti e imprevisti nei rapporti con l'Occidente. Sotto l'occhio vigile di Vladimir Putin.
di STEFANO GRAZIOLI

[03 mar 08] Com’era largamente previsto, Dmitry Medvedev ha vinto al primo turno le elezioni in Russia con una percentuale del 70,2 per cento. Poco da fare per il comunista Gennady Zyuganov (17,8 per cento), il nazionalista Vladimir Zirinovski (9,4) e lo sconosciuto Andrei Bogdanov (1,3). Buona l’affluenza alle urne, il 64,4 per cento, segno che da un lato i piani del Cremlino per contenere l’astensione hanno funzionato e dall’altro che la maggior parte dei russi ha voluto dimostrare il proprio appoggio per la scelta di Vladimir Putin. Medvedev è infatti il successore scelto e voluto fortemente dall’ex presidente che ora si appresta a fare il primo ministro. La Russia sta dunque per affrontare un periodo che nella propria storia non ha mai sperimentato, una sorta di diarchia escogitata dal capo di Stato uscente per preservare senza scossoni il potere. In fondo, al di là dei brogli e del controllo del Cremlino sull’informazione in campagna elettorale – entrambi non certo una novità, ma una tradizione nella Russia postsovietica sin dai tempi di Boris Eltsin -  è questa la soluzione preferita dai russi. Fosse stato per la maggior parte di loro, Putin avrebbe dovuto scavalcare la Costituzione e rimanere per un terzo mandato alla presidenza. Vladimir Vladimirovic ha voluto però rispettare le regole democratiche. A modo suo.

Certo, secondo l’accusa, la democrazia in Russia non esiste: a quasi vent’anni dal crollo della dittatura comunista il Paese non solo non ha creato strutture e processi conformi agli standard occidentali, ma non ha nemmeno sviluppato una coscienza politica e sociale per il recepimento di valori comuni. Il sistema politico è dominato dalla verticale del potere, in cui il Cremlino dirige e gestisce ogni processo. La nomina dei governatori a livello centrale ridimensiona la competenze delle regioni e sottopone al giudizio di Mosca ogni decisione. La Duma è marginalizzata, il sistema partitico è un artifizio. La soglia di sbarramento al 7 per cento impedisce alle piccole formazioni l’accesso in parlamento. Il Cremlino ha messo i bastoni fra le ruote all’opposizione extraparlamentare, minimizzando il dissenso a forza di manganellate.

Ma c’è, per la difesa, una serie di attenuanti: non si può pretendere che dopo un paio di secoli di zarismo e settant’anni di comunismo un Paese inizi a funzionare in maniera perfetta come fanno ora le democrazie occidentali. Dopo il decennio anarchico e caotico di Eltsin (uno pseudodemocratico che nel 1993 fece prendere a cannonate il proprio Parlamento, accettò a braccia aperte l’aiuto sporco degli oligarchi per sconfiggere nel 1996 Zyuganov, iniziò la prima guerra in Cecenia e preparò la seconda per lanciare alla presidenza Putin), il Cremlino ha dovuto rafforzare lo Stato per evitare di precipitare definitivamente nel baratro. Come in molte democrazie occidentali, anche in Russia si sta andando, seppure per vie traverse, verso una solida repubblica presidenziale e un sistema bipartitico in cui l’alternanza non è dettata da regole precise: dopo la fine della seconda guerra mondiale in Germania la cancelleria fu prerogativa ventennale esclusiva della Cdu, in Italia dal 1946 al 1981 il presidente del consiglio é sempre stato democristiano, in Giappone governa da decenni solo il Partito liberaldemocratico. E a Tokio c’è pure un imperatore. Vero.

Medvedev succede in Russia a Putin: Dmitry Anatolevich, per ora solo presidente e non zar, è molto diverso dal suo mentore: non arriva dal Kgb, ha una faccia rassicurante, parla timidamente, è un professore e attento alle questioni del diritto e a quelle dell’economia. E’ il partner migliore per ricondurre il dialogo tra Russia e Occidente su un binario concreto e meno stereotipato, nel rispetto e nella comprensione reciproca, come tra buoni amici concorrenti che non devono essere per forza alleati. I russi, in ogni caso, puntano già su di lui. Il resto si vedrà.



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