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L'Italia è più povera, operai e lavoratori autonomi scelgono il Popolo della Libertà
 

[21 mar 08] Famiglie sempre più povere, classe media in difficoltà, operai allo stremo. E’ il risultato della diciassettesima indagine dell'Osservatorio sul capitale sociale, curata da Demos per Coop, che ha approfondito il tema delle classi sociali. I dati non lasciano margini di interpretazione: dal 2006 ad oggi gli italiani non sono riusciti a scalare posizioni all’interno della società anzi, il loro livello e tenore di vita si è costantemente abbassato. Due anni fa il 40 per cento degli interrogati riteneva di appartenere al ceto popolare od alla classe operaia. Secondo l’indagine attuale, nel 2008 ci sarebbero sei persone su cento in più: tutti coloro, cioè, che sentono di esser passati negli ultimi due anni dal ceto medio alla classe inferiore. Nel 2006 gli intervistati che si collocavano nel ceto medio erano il 54 per cento, mentre nel 2008 sono meno di un italiano su due (49 per cento). E’ interessante notare come non tutti gli operai nel 2006 si sentivano gli “ultimi” all’interno della società: lo pensavano sette operai su dieci. Dopo due anni lo pensa invece l’84 per cento degli intervistati. Ma cosa differenzia la classe operaia del ceto medio? Secondo gli italiani non tanto l’impiego lavorativo in sé, quanto la prospettiva di benessere. Se ormai l’automobile non è più una discriminante, è tornata ad esserlo invece la casa, reale punto di confine tra classe popolare e ceto medio.

La difficoltà di acquistare le mura dentro cui si vive proietta gli italiani in uno stato di incertezza e confusione nei confronti del futuro. La casa è un valore aggiunto che può sempre tornare utile in momenti di difficoltà: ecco che averla o non averla, secondo l’opinione pubblica, è considerato l’unico aspetto da tenere in considerazione nella percezione della propria appartenenza di classe. Quella che nell’elaborazione della ricerca viene chiamata la “sindrome del declino”, dunque, colpisce in modo diverso le componenti della società italiana. Dal 2006 a oggi, la quota di cittadini che ritiene peggiorata la propria situazione economica è salita dal 36 al 51 per cento. Sono soprattutto le fasce più popolari ad avere questa percezione: dal 44 per cento di due anni fa al 63 di oggi. Sebbene in misura più contenuta, anche i ceti medi (42 per cento) e benestanti (38 per cento) pensano che la loro condizione sia regredita rispetto due anni fa. All’interno di una società, di un collettivo, è fondamentale la visione del futuro ed i progetti che si mettono in campo per risollevarsi da una crisi o per cavalcare il successo. Purtroppo non la pensano più così gli italiani: ben il 54 per cento degli intervistati crede che non sia possibile, nella situazione attuale, fare progetti od investimenti, neppure a breve scadenza. Questo dato raggiunge quota 60 per cento se si considera solo il ceto popolare ed operaio; i benestanti che esprimono pessimismo sono invece il 29 per cento.

Il sondaggio non poteva non toccare l’argomento elezioni. Il dato che ne deriva ribalta ogni stereotipo: sono in aumento gli operai che hanno dichiarato di votare per il Popolo della libertà (46 per cento), evidenziando come all’interno delle fabbriche sembrerebbe non esistere più quel nocciolo duro e puro di conservatorismo (ex) comunista. I lavoratori autonomi che hanno dichiarato la stessa intenzione di voto sono stati il 58 per cento, quattro punti percentuali in meno per i liberi professionisti. 53 su cento sono, invece, le casalinghe che apprezzano Berlusconi. Pdl e alleati risultano in vantaggio anche presso il ceto medio dipendente del settore privato (circa sei punti di scarto tra tecnici e impiegati). I lavori pubblici invece non smentiscono la tradizione e si dichiarano in maggioranza assoluta pro-Veltroni; solo relativa invece la maggioranza degli studenti (44 per cento) e dei pensionati (46 per cento). (ste.cal.)


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