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Air
France-sindacati: giorno della verità per Alitalia
di
STEFANO CALICIURI
I dieci centesimi per azione offerti da Air France hanno fatto crollare il titolo Alitalia, anche se il valore unitario è ancora ben al di sopra della cifra offerta. In chiusura di trattazione il titolo infatti era scambiato a 39 centesimi: perché il mercato continua a farlo “galleggiare” ben al di sopra del valore stimato dai francesi? La risposta non è semplice, anche se una prima ipotesi potrebbe essere che, usciti i piccoli azionisti, ora rimangono soltanto le banche e gli istituti finanziari a mantenere il titolo Alitalia nel portafoglio. Vendere adesso significherebbe dover giustificare una pesante minusvalenza; meglio aspettare ed incrociare le dita.
Il mondo politico si divide. Emma Bonino, ministro per le Politiche comunitarie, sembra la più realista: “Non siamo nelle condizioni di poter fare la voce grossa con i francesi. Forse avremmo dovuto già da tempo dichiarare il fallimento. Questa era l’unica alternativa”. Antonio Di Pietro, ministro delle Infrastrutture, non pare dello stesso avviso, definendo “umiliante” la proposta transalpina che sarebbe esclusivamente “finalizzata al profitto proprio dell'offerente, che rappresenta un danno per la compagnia, per le maestranze e per tutto il Paese”. Le perplessità riguardano soprattutto il futuro di Malpensa che “da solo vale dieci Alitalia e nei confronti del quale, a prescindere dal momento elettorale, dovremmo oggi impegnarci tutti per salvaguardarne le potenzialità”.
Pier Ferdinando Casini, candidato premier dell’Unione di Centro, sottolinea come sia il Pdl sia il Pd, abbiano “idee confuse e soprattutto non unanimi neppure all’interno degli stessi schieramenti. Se Gianfranco Fini ha aperto all’offerta francese, la Lega ha bocciato l’intesa. Massimo D’Alema rinvia il giudizio a domani, dopo cioè l’incontro tra parti in causa e sindacati: “L’accoglimento della proposta non può prescindere dal giudizio di Cgil, Cisl e Uil”. La rappresentante designata di Confindustria, Emma Marcegaglia tende invece una mano agli acquirenti ed auspica un risanamento di Malpensa: “L'attuale piano di Alitalia prevede una grossa riduzione dei voli che vorrebbe o una logica di moratoria o una qualche cosa che lasci spazio a Malpensa per ritrovare altre compagnie che vogliano volare dallo scalo lombardo”. Le istanze della Lega Nord sono difese da Roberto Maroni, probabile ministro del Lavoro in caso di vittoria Pdl: “Il piano di Air France prevede che Malpensa venga chiusa e che Alitalia diventi un piccolo vettore regionale: per noi è inaccettabile” E a quanti gli chiedessero perché il il candidato premier non abbia ancora preso posizione, Maroni senza timore ha risposto: “Berlusconi non ha ancora parlato perché su Malpensa la pensa come noi”.
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