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Kosovo, esplode la rabbia dei serbi di Mitrovica
di DOMENICO NASO

[18 mar 08] Esattamente un mese fa, quando il Kosovo aveva finalmente proclamato la propria indipendenza, molti osservatori internazionali indicavano in Mitrovica, enclave serba in territorio kosovaro, un possibile elemento di forte tensione. E la rabbia dei serbi di Mitrovica non si è fatta attendere a lungo: già nei giorni successivi all’indipendenza, infatti, si erano verificati scontri e manifestazioni di piazza e, qualche giorno fa, un gruppo di nazionalisti serbi aveva occupato il tribunale Onu della città. Ieri, la polizia della Nato aveva tentato di sgomberare i locali e a quel punto era iniziato il rabbioso attacco dei serbi-kosovari. Colpi di armi automatiche sono stati sparati contro i militari internazionali, costringendo persino le truppe dell’Unmik (la missione delle Nazioni Unite) al ritiro, vista l’incapacità di controllare gli eventi. L’occupazione del tribunale Onu, tuttavia, è palesemente la classica goccia che fa traboccare il vaso: la situazione a Mitrovica era critica da tempo e proprio in queste ore era prevista la visita del ministro serbo per il Kosovo, Slobodan Samardzic. La reazione dell’inviato di Belgrado è stata durissima: “Perché si calmi la situazione a Mitrovica devono essere immediatamente rilasciati i serbi kosovari arrestati. Non è accettabile questo modo di reagire da parte dell’Unmik”. Anche Boris Tadic, da poco rieletto presidente della Serbia, è intervenuto in maniera decisa, invitando i militari della Nazioni Unite alla calma e chiedendo reazioni moderate agli attacchi dei serbi di Mitrovica, “per non provocare un’escalation di violenza in tutto il Kosovo”.

Ma il problema, oltre che contingente, è e rimane a medio e lungo termine. Lo status di Mitrovica rappresenterà senza dubbio un problema di non facile soluzione, all’interno di un quadro diplomatico, politico e militare già piuttosto intricato. Se fino al mese scorso, infatti, era il Kosovo a sentirsi accerchiato e soffocato dal potere centrale di Belgrado, oggi sono i serbi-kosovari del nord della regione che chiedono a gran voce il loro ricongiungimento alla madrepatria. E intanto la tensione è alle stelle nell’enclave serba. L’irruzione della polizia internazionale all’interno del Tribunale, con conseguenti arresti di alcuni nazionalisti serbi, è stata considerata da più parti quasi come una provocazione e non come una normale operazione di ristabilimento dell’ordine in un territorio che non può essere lasciato privo di un controllo militare ferreo e costante. L’episodio di Mitrovica dimostra ancora una volta, dunque, l’impossibilità di controllare l’ordine pubblico da parte delle missioni internazionali (che siano Nato o Onu fa poca differenza) a causa di regole di ingaggio poco chiare che lasciano pochissimo spazio di manovra ai militari.

Lo status di Mitrovica, dicevamo, è un problema che non può essere eluso. La grande maggioranza degli Stati occidentali ha caldeggiato, più o meno palesemente, l’indipendenza kosovara. Ma i problemi, come era ovvio aspettarsi, non sono finiti con la dichiarazione del mese scorso e i festeggiamenti per le vie di Pristina. Tocca alla comunità internazionale, dunque, aiutare le forze in campo a raggiungere un accordo, affinché non si ripetano i tragici errori del passato in una zona d’Europa che per troppo tempo è stata vittima di cruenti scontri etnici. La Serbia (e con essa i serbi di Mitrovica) ha sicuramente più da perdere nella trattativa, e molto probabilmente dovrà piegarsi ai voleri della comunità internazionale e al diritto all’autodeterminazione del Kosovo. Tuttavia, proprio perché dovrà ingoiare più di un boccone amaro, non è possibile ignorare le sue proteste e soprattutto quelle dell’enclave serba in territorio kosovaro. Se da un lato, dunque, non c’è alcuna possibilità di vedere annullata l’indipendenza di Pristina, dall’altro Belgrado si attende precise garanzie per quanto riguarda i serbi che vivono nel nuovo Stato. E la comunità internazionale, se vorrà evitare altri scontri ben più gravi di quelli di ieri, dovrà cercare di ascoltare e possibilmente accontentare il già irato governo serbo.

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