Questo sito è ottimizzato
per Internet Explorer.

(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Redazione: piazza Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com

Il Pd può fare a meno del socialismo?
di ANTONIO FUNICIELLO

[17 mar 08] Uno spettro s’aggira per l’Italia: è lo spettro del socialismo. La più importante tradizione di pensiero politico della sinistra mondiale è, in Italia, destinata a non avere rappresentanza parlamentare. Cioè a dire: il movimento socialista, motore del processo di democratizzazione dei moderni Stati nazionali occidentali (eccezion fatta per gli States), nella prossima legislatura non avrà voce nel Parlamento italiano. E non solo perché nessun deputato o senatore sarà eletto nelle file del Partito socialista (vedi Psi-Sdi-Ps) di Boselli, ma anche perché nel grande Partito democratico di Walter Veltroni non pare esserci nessuno interessato a entrare in Parlamento dichiaratamente da socialista.

Ci si intenda: chi scrive non si stupisce che la lenta, lentissima modernizzazione del nostro quadro politico non veda protagonista, nel segmento d’arco costituzionale del centrosinistra, un grande partito socialista o socialdemocratico. Anzitutto perché a casa nostra un grande partito socialista non c’è mai stato, ché il suo spazio è stato nel recente passato occupato in parte (minima) da un cattolicesimo democratico che si voleva left wing nella Dc, in parte (massima) dal comunismo, dal Pci. Quindi, non essendoci mai stato prima, sarebbe stato evidentemente impossibile per un grande partito socialista mai esistito produrre una propria modernizzazione in senso liberale, sul modello delle tante (e diverse) modernizzazioni che nel secondo dopoguerra hanno interessato le sinistre socialiste europee, da Bad Godesberg al New Labour. Non a caso il Partito democratico, primo vero tentativo di passaggio del guado per i progressisti italiani, nasce per iniziativa di ex democristiani di sinistra e di post comunisti. E però, da qui all’estinzione della tradizione socialista in Italia, dovrebbe corrercene parecchio.

La nascita del Ps di Enrico Boselli e Gavino Angius (lo stesso Angius tra i comunisti più ostili a Bettino Craxi e, dopo il crollo del Muro di Berlino, tra i più scettici sul superamento dell’esperienza del Pci) rappresenta, in tal senso, l’ennesimo equivoco. Ridurre i socialisti a tanti piccoli Giuda Taddeo, protettori di cause perse, paladini di battaglie di mera rappresentanza identitaria, e ridurre il socialismo all’impegno sulle questioni cosiddette eticamente sensibili, è un’operazione che non può stare in piedi. E, difatti, non ci sta. Come non sta in piedi questa bizzarra campagna dell’orgoglio socialista contro i clericali del Pd, che non hanno accettato di affiancare il loro simbolo alla rosa socialista, quando si fa fatica a ricordare l’ultima volta che i socialisti di Boselli hanno partecipato a una qualche elezione con il loro simbolo. Contro quei clericali del Pd che si rimetterebbero al Vaticano su argomenti quali 194, testamento biologico, coppie di fatto (tutti, per altro, affrontati e risolti nel programma elettorale del Pd). Un piccolo inciso: chi grazie al satellite ha seguito il dibattito televisivo tra Zapatero e Raoy, ha potuto riscontrare che in due ore di scontro anche duro, mai - in nessun caso o momento - i due competitors hanno pure soltanto alluso a quegli argomenti. Tanto per segnalare quanto è misero lo sguardo rivolto dalla politica e dai media italiani sulla politica estera, dalla Spagna agli Usa.

Ma se il socialismo è ormai solo uno spettro che si aggira per l’Italia, è faccenda che più che Boselli e Angius riguarda senz’altro il Partito democratico. Non si vuole però cadere nella tentazione di rimandare a una presunta “questione socialista”, la svalorizzazione di quella matrice culturale nella costruzione del Pd. Un po’ perché prima d’essere un problema, una questione, è stata una scelta precisa degli ex democristiani e dei post comunisti che hanno dato vita alla nuova stagione democrat. Ma soprattutto perché qui si vuole evitare il vecchio vizio tutto italiano di liquidare un tema facendo solo finta di affrontarlo, per inserirlo invece nell’archivio patrio delle “questioni” ancora aperte. In poche, spicciole parole: c’è spazio per il socialismo nel Pd? Oppure, invertendo più giustamente i fattori: il Pd ha bisogno del socialismo?

Si può cominciare a rispondere affermando, senza tema di essere smentiti, che il programma elettorale del Pd è schiettamente liberalsocialista, pur con qualche rispettosissimo retrogusto socialdemocratico. Somiglia molto di più ai programmi di Blair e Zapatero, per capirci, che a quello di Hillary Clinton (si vorrebbe davvero aggiungere anche “e a quello di Barack Obama”, ma come diceva Telemaco del padre: chi l’ha visto?). Si può poi proseguire facendo riferimento ai tanti richiami alla famiglia socialista nella propaganda del Pd. Non basta. Si badi: non si tratta di dichiarare che il Pd è una forza del socialismo internazionale, con tanto di doverosa iscrizione dei suoi eletti a Strasburgo nel gruppo del Pse. Questa sì è una “questione”; ma una questione oziosa. Il punto vero è che il Pd si ritroverà a fare i conti, nel day after elettorale e sia in caso di vittoria che di sconfitta, con la definizione del proprio politico culturale, nient’affatto risolta dal prolisso manifesto fondativo. E dovrà farlo proprio ritornando sul socialismo che, nella sua accezione (c’è da augurarsi) più liberale possibile, s’imporrà quale prisma essenziale di riferimento nella lettura del presente e nel progetto del futuro. E’ così per le sinistre delle grandi nazioni europee - Inghilterra, Germania, Francia, Spagna - e sarà così, volente o nolente, anche per quella italiana.

Le riflessioni di un filosofo
sul mondo che cambia.

_____________

Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
_____________

_____________

IL POST

I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione.

_____________
IDEAZIONE DOSSIER
Analisi, approfondimenti
e reportage.

IDEAZIONE VINTAGE
Il meglio dei primi quattordici anni della rivista bimestrale.
_____________
I BLOG DI IDEAZIONE

---

---

---

---



Antiberlusconiani di ritorno
di Daniele Capezzone



In bici nella Berlino degli scioperi
di Pierluigi Mennitti



Kahnemann
ceduto alla politica

di Massimo Lo Cicero



Se il pannolino
lo cambia papà

di Barbara Mennitti



Le armi spuntate del cinema italiano
di Domenico Naso



Giovanardi: "Il Pdl diventa repubblica"
di Stefano Caliciuri