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L'ira dei radicali: vogliamo nove seggi sicuri
di DOMENICO NASO

[05 mar 08] L’umorale indole dei radicali colpisce ancora. Dopo aver raggiunto il tanto agognato accordo con il Pd, ieri Emma Bonino ha sbattuto i pugni sul tavolo, accusando Walter Veltroni di aver disatteso il patto siglato al loft di piazza Sant’Anastasia: nove candidature blindate di esponenti radicali nelle liste del Partito democratico. Ma la presentazione delle variegate liste veltroniane ha fatto alzare la temperatura a via di Torre Argentina.

I nove fortunati cooptati dovevano essere Emma Bonino, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Marco Perduca, Donatella Poretti, Maurizio Turco e Elisabetta Zamparutti. Ma il loro collocamento nelle liste non ha soddisfatto Pannella e Bonino. Al Senato sono candidati Emma Bonino (capolista in Piemonte), Donatella Poretti (sesta in Puglia) e Marco Perduca (ottavo in Toscana). La pasionaria di Bra può dormire sonni tranquilli, e gli altri due radicali rientrerebbero, seppure al limite, nei candidati eletti. Due anni fa, infatti, Ds e Margherita avevano ottenuto 8 seggi in Toscana e 6 in Puglia. Alla Camera i più tranquilli sono Maurizio Turco (terzo in lista nella terza circoscrizione lombarda) e Marco Beltrandi (quindicesimo in Emilia Romagna), mentre è molto al limite la situazione di Maria Antonietta Farina Coscioni (quinta in Friuli) e Elisabetta Zamparutti (terza in Basilicata). Molti più rischi per Matteo Mecacci, quinto in lista nella seconda circoscrizione del Lazio, dove due anni fa l’allora Ulivo (Ds e Margherita) aveva ottenuto quattro seggi. Stando a una prima analisi delle liste, dunque, sembra che l’ira della Bonino (“Non sono un soprammobile, da loro sbrecciato, che si può prendere e spostare dove vogliono”) sia più che fondata. Però i radicali, ormai si sa, riescono facilmente a dimostrare di avere torto, anche quando questo non è così evidente. Tutta colpa di quel loro contorto e criptico linguaggio.

E’ Marco Pannella ad aprire le danze, quando nella giornata di ieri, all’ora di pranzo, tempesta le redazioni con il suo solito comunicato pubblicato da Notizie Radicali: “Con Veltroni sappiamo bene, entrambi, che in ogni onorabile tipo di società ‘Pacta sunt servanda’, ergo…”. Questo il titolo, che però è solo un assaggio dei criptici messaggi che Giacinto lancia a Walter. “Deve essere ben chiaro a tutti che le nove candidature (e conseguenti nomine) radicali derivanti da patto interpartitico devono, per ciò stesso, essere considerate e protette come privilegiate a tutti i fini e sotto qualsiasi veste le si voglia considerare. Per intenderci, le nove nomine radicali dovrebbero in teoria essere le prime, le “più certe”, obbligate nell’ordine di presentazione di lista delle candidature. Potremmo anche chiederlo, pretenderlo, poiché vi sono in causa componenti e interessi patrimoniali, anche se immateriali, nella tutela legittima del diritto alla propria immagine e/o identità” (grassetti e sottolineature sono del leader radicale). Tutti e nove capilista, dunque, per non avere sorprese, per essere sicuri di quanto pattuito. In fondo, se i radicali hanno rinunciato al loro simbolo (e a molte delle loro battaglie) pur di stare nel Pd, chi può negargli la certezza di una pattuglia in Parlamento? Ma Pannella sa che non può certo chiedere il primo posto per tutti e nove, e allora alla fine del comunicato mette sul tavolo la sua proposta: “Ci limitiamo ad esigere che tutte le nove candidature radicali siano poste prudenzialmente almeno dopo le prime o primissime candidature di ogni lista e, comunque, ciascuna in almeno due diverse circoscrizioni, almeno una delle quali dovrebbe essere prescelta fra le dodici più popolose del Paese”.  E ancora durante la conferenza stampa di ieri sera, Pannella e Bonino avevano ribadito la pretesa di veder rispettato il patto siglato: “Non ci fottete”, ha tuonato il leader radicale. Non male per un uomo che da cinquant’anni lancia velenosi strali contro la partitocrazia e da due anni e mezzo maledice la tanta vituperata legge elettorale in vigore.

Forse per un nostro limite di comprensione, le parole di Pannella di ieri pomeriggio ci apparivano alquanto oscure e avevamo deciso di andare a fondo, di chiedere delucidazioni direttamente a Torre Argentina. Per questo, nel primo pomeriggio di ieri, avevamo cercato di metterci in contatto con Rita Bernardini (che è pur sempre il segretario dei radicali) prima via mail e poi telefonicamente. Ha taciuto la nostra casella di posta elettronica e la risposta della gentile segretaria è stata laconica: “Oggi non è possibile. Sono tutti in riunione. Provi a chiamare domani”. E allora al diavolo le spiegazioni e la chiarezza. I radicali scelgono, ancora una volta, di parlare al Paese attraverso il contorto stile pannelliano. E decrittare il codice Giacinto è davvero cosa ardua. Ma già stamattina sembra che che la rabbia radicale rientrerà in men che non si dica, magari previo ulteriore summit nel loft più osservato d’Italia (che ormai fa invidia persino alla casa del Grande Fratello). E allora si zittiranno i guardiani supremi della democrazia, torneranno a digiunare le ancelle dell’antipartitocrazia e in Parlamento, tra poco più di un mese, ritroveremo la solita e diligente pattuglia di innocui giapponesi.



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