Punto diplomatico: l’Europa ricompone i cocci. Per ora

L’Europa prova a raccogliere i cocci per confezionare un compromesso sull’Irak. Mettere d’accordo i vari e divergenti interessi nazionali, approfittando dell’ulteriore proroga concessa dagli Usa agli ispettori dell’Onu, in attesa di sviluppi futuri. Su questa linea i capi di Stato e di governo riuniti lunedì a Bruxelles hanno chiuso, almeno per il momento, la più grave crisi europea degli ultimi anni. Divisi tra gli interessi economico-petroliferi iracheni della Francia, il pacifismo rosso-verde della Germania, la tradizione atlantista della Gran Bretagna, il realismo politico di Spagna e Italia e la voglia di Occidente dei nuovi partner dell’Est, gli Stati dell’Unione Europea si sono appoggiati alla tregua seguita al rapporto di Hans Blix per rasserenare i rapporti. Fino all’ultimo però, nonostante il clima a parole collaborativo, Gran Bretagna e Francia hanno battagliato, fino al punto di presentare emendamenti al documento che andavano “in direzioni diverse”. Uso della forza come ultima ratio, secondo Londra. Carta bianca all’Onu, secondo Parigi. Alla fine prevarrà la prima ipotesi, sulla quale converge anche la Germania. L’Europa riacquista una parvenza di unità: sino a quando?

In precedenza un compromesso era stato trovato anche in seno alla Nato, dove le divisioni continentali si erano riflesse con uguale gravità. Al centro della contesa l’assistenza militare dell’Alleanza alla Turchia in caso di attacco dell’Irak. Secondo Francia e Germania questa decisione sarebbe stata politicamente incompatibile con la forte pressione dei due paesi per lo sviluppo diplomatico della crisi irachena. Alla fine la soluzione si è trovata: un comitato ristretto, il Comitato dei piani di difesa dal quale la Francia è fuori dal 1966, ha valutato le necessità turche. Poi tutti assieme hanno dato l’assenso all’operazione. Un’unanimità di facciata, con la Francia che appoggia politicamente l’impegno della Nato verso la Turchia ma non partecipa alla definizione concreta dei mezzi.

Dall’altra parte dell’Oceano, Washington lavora a una nuova bozza di risoluzione da presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Sì alla proroga del lavoro degli ispettori ma con una data: il primo marzo nuovo rapporto e se non saranno stati verificati passi in avanti, via libera all’azione militare. Per gli Stati Uniti resta centrale l’obbligo del disarmo da parte di Saddam. “Non ci faremo prendere in giro dalle operazioni dilatorie del Rais”, insistono dalla Casa Bianca: o disarma sul serio o deve andar via.

Arrivi e partenze. Rientrato alla base il vice di Saddam Tareq Aziz, giunge nella capitale italiana il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. Giro diplomatico che toccherà anche la Città del Vaticano. L’attivismo del Papa è sempre frenetico. La Santa Sede illustrerà ad Annan gli esiti della missione a Bagdad dell’inviato del Pontefice, il cardinale Roger Etchegaray, che al rientro ha nuovamente ribadito la posizione della Chiesa: la guerra è sempre la soluzione peggiore. (p.men.)

17 febbraio 2003
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Punto diplomatico [14 febbraio 2003]

Punto diplomatico [17 febbraio 2003]