Punto diplomatico.
Blix fa il democristiano, palla all’Onu


Qualche volta capita di concentrare troppa attesa su un momento che non lo merita. La relazione di Hans Blix, capo degli ispettori dell’Onu, al Consiglio di sicurezza di venerdì 14 febbraio è stato uno di quei momenti. Non ha sciolto alcun dubbio, ha detto una cosa e l’altra, senza fornire ai delegati elementi utili per operare una scelta ponderata. Settimane di visite, ispezioni, ricerche hanno prodotto risultati interlocutori. Al momento non sono state trovate armi di distruzione di massa, ha detto Blix, aggiungendo però che questo non esclude che tali armamenti siano comunque in possesso di Saddam. Mancano all’appello molte tonnellate di agenti chimici e gli iracheni non hanno provato che tali quantitativi siano stati distrutti. Non si può dire, ha poi sostenuto Blix, che Bagdad abbia cambiato atteggiamento nei confronti delle ispezioni anche se negli ultimi giorni sono state rilevate maggiori disponibilità. Insomma un colpo al cerchio e uno alla botte completato dalla richiesta di una proroga per completare il lavoro in Irak. La “smoking gun” non è stata trovata, anche se alcuni missili rinvenuti hanno una gittata superiore a quella consentita dalle risoluzioni dell’Onu, ma non è escluso che essa sia ancora da qualche parte.

Secondo alcuni esperti di affari internazionali, interpellati dall’agenzia giornalistica Reuters, Blix ha fornito materiale per entrambi i contendenti: falchi e colombe. La battagla dunque si sposta tutta all’interno del Consiglio, dove le parti saranno impegnate in una settimana di contrapposizioni frenetiche per giungere alla definizione di una seconda risoluzione dell’Onu. Il segretario di Stato americano Colin Powell, intervenuto a caldo dopo il discorso di Blix, si è detto soddisfatto per i progressi mostrati dagli iracheni ma ha ammonito: “Il problema non sono le ispezioni, è il disarmo dell’Irak”. Secondo Powell Saddam Hussein sta prendendo in giro gli ispettori e la richiesta di più tempo non è una risposta adeguata: “Ora il Rais mette al bando le armi di sterminio di massa. Doveva farlo 12 anni fa”. Rincarano la dose dalla Casa Bianca: “Niente dimostra che Saddam stia disarmando. Noi restiamo fiduciosi che possa farlo senza il ricorso alle armi”.

Da New York all’Europa, è l’Italia l’altro polo diplomatico del momento. A Roma il ministro degli Esteri iracheno, il cristiano Tareq Aziz, gioca le sue carte. Porta un messaggio di buone intenzioni al Papa e partecipa alla preghiera domenicale di Assisi, accompagnato dal benevolo afflato delle strutture ecclesiastiche. Ma si premura di ribadire l’assoluta contrarietà alla presenza di truppe Onu a Bagdad, così come auspicato dal piano Mirage, il fragile progetto franco-tedesco fallito sotto i colpi verbali di Saddam Hussein. Nella sua visita romana, il ministro di Saddam ha ricevuto molti sorrisi da parte di uomini politici e molti profili positivi da parte di una stampa dimentica della vera natura del regime iracheno e votata alla retorica pacifista. Da Papa Wojtyla a Roberto Formigoni, da Pecoraro Scanio ad Armando Cossutta, fino ai più oscuri rappresentanti locali della Regione Umbria, il pellegrinaggio di Aziz è stato completo e anche un po’ ridicolo. Solo il suo omologo italiano Franco Frattini ha tenuto il punto, ribadendogli le richieste inderogabili dell’alleanza occidentale: disarmare.

Altro epicentro della crisi delle ultime settimane è stato Bruxelles. La Nato ha vissuto la rottura più drammatica dalla sua fondazione con il rifiuto di Francia, Germania e Belgio di avallare gli aiuti militari alla Turchia, paese membro che sarà in prima linea in caso di guerra. L’assenza di un compromesso ha portato a una serie imbarazzante di fumate nere e a un rinvio dopo l’altro. Gli Usa stanno perdendo la pazienza e il capo di Stato maggiore, Richard Myers, ha avvisato che la Nato può dare aiuto alla Turchia anche senza il consenso politico di tutti gli alleati. Una crisi che si approfondisce, un confronto fra alleati sul filo del rasoio.

Ma Bruxelles è anche Unione Europea. E per l’inizio della settimana è previsto anche il vertice dei capi di stato e di governo (al quale parteciperà anche Kofi Annan) che tenterà di trovare un compromesso dopo la divisione fra il solito asse franco-tedesco e i paesi firmatari dell’Appello degli Otto. Tra i più attivi sul piano diplomatico Silvio Berlusconi che starebbe lavorando di concerto con il presidente della Commissione europea Prodi a una ricucitura del rapporto fra le parti. Esplicita la posizione di Tony Blair: l’Unione non può escludere a priori l’uso della forza. Parole chiare che il presidente di turno greco ha salutato come un contributo utile al confronto di lunedì. Ma anche su questo vertice pesa il confronto in atto al Palazzo dell’Onu all’indomani della relazione di Blix. L’Europa d’altronde ha giocato questa partita di rimessa e un recupero di posizione verso gli Stati Uniti può prendere le mosse solo da iniziative altrui. (p.men.)

14 febbraio 2003
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