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LA NUOVA SCUOLA SECONDO IL PDL
L'istruzione occupa un posto privilegiato nel programma del Pdl. Una scuola libera, al passo con i tempi e finalmente fondata su meritocrazia e qualità.
di VALENTINA APREA

[13 mar 08] Il Pdl si candida al governo del Paese per proseguire nel cambiamento intrapreso nel 2001 attraverso sette “missioni”. Le proposte per la scuola sono parte integrante di due “missioni”: la seconda, dedicata al sostegno della famiglia e al futuro dei giovani, e la quarta, riguardante i servizi ai cittadini. L’educazione è, infatti, una questione che riguarda direttamente le famiglie e, allo stesso tempo, l’organizzazione dei servizi pubblici. Il Pdl intende fare emergere con chiarezza che la bussola che orienta ogni futura azione di cambiamento sarà la sussidiarietà, e quindi la prevalenza delle scelte dei cittadini su quelle dello Stato, che da provider deve man mano divenire commissioner, garante della qualità dell’offerta formativa, in un regime di effettivo pluralismo educativo. In questo senso, i punti contenuti nella quarta missione sono finalizzati a rafforzare autonomia e responsabilità delle scuole, incentivare il miglioramento dell’attività didattica, implementare processi di valutazione e di autovalutazione, introducendo una virtuosa concorrenza tra gli istituti che può rappresentare una leva significativa per la scuola italiana. Entrando nel merito dei punti previsti nella seconda missione, crediamo che a distanza di quasi un decennio dall’approvazione della legge 62 del 2000 sia maturo il tempo di riconoscere alle famiglie la libertà di scelta educativa attraverso una governance del sistema scolastico fondato sulla sussidiarietà.

Il paradigma centralistico e burocratico del nostro impianto educativo è ormai in palese controtendenza con le modifiche istituzionali e costituzionali (Titolo V) che prefigurerebbero uno Stato con funzioni di guida e di controllo, e non più di gestione, rispetto all’istruzione pubblica. Deve considerarsi pubblica, infatti, l’offerta formativa di tutte quelle scuole, non solo statali, che rispettano le “norme generali dell’istruzione” previste dalla Costituzione e che sono riconosciute nel nostro ordinamento come scuole paritarie. Chiunque frequenti queste scuole deve poter avere, sempre secondo il dettato costituzionale, un trattamento equipollente a quello riservato a chi frequenta le scuole statali. Allo stesso modo, riteniamo opportuno prevedere sostegni alle famiglie per l’acquisto dei libri di testo, riaffermando l’obiettivo di istruire e formare cittadini attivi fino a 18 anni attraverso il diritto-dovere della legge 53 del 2003. Si tratta dell’azione sussidiaria dello Stato, tesa a rimuovere gli ostacoli per l’effettivo esercizio del diritto-dovere allo studio previsto dal dettato costituzionale. Prevedere la gratuità dei libri di testo per le famiglie può rappresentare anche una efficace modalità per contrastare la dispersione scolastica e formativa. Nella missione quarta, riguardante i servizi ai cittadini, si ribadisce l’importanza della ripresa nella scuola, per gli alunni e per gli insegnanti, delle “3 I”: inglese, impresa, informatica.

Dobbiamo prendere atto che la nostra scuola propone un modello che risultava idoneo ad una società “industriale”, in cui il diritto di cittadinanza si esercitava attraverso quelle che nel mondo anglosassone si chiamano le tre R: Reading, wRiting, aRithmetic. Un sistema che oggi non è più sufficiente e nello stesso tempo non più adeguato. Le competenze necessarie saranno quelle richieste dalla società dell’informazione per le quali, sempre il mondo anglosassone, contrappone alle tre R le tre X: eXploration, eXpression, eXchange. Le nuove generazioni di studenti, per essere competenti secondo le aspettative dell’Europa e i suggerimenti dell’Ocse, devono saper usare nuovi linguaggi, nuove strategie di pensiero che rimandano ad una realtà multimediale. La “I” di impresa, infine, rimanda all’obiettivo di rendere sistematica una metodologia orientativa e di empowerment delle capacità degli studenti che, spaziando dal raccordo tra istruzione, formazione e sistema produttivo, fino alle esperienze di alternanza scuola-lavoro, consenta di sviluppare lo spirito di autoimprenditorialità e favorire una buona transizione dallo studio alla vita attiva. I ritardi accumulati fin qui non ci consentono di raggiungere gli obiettivi europei relativi alle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente che comprendono, tra queste, le seguenti che di fatto rimandano alle “ 3 I”: comunicazione nelle lingue straniere (inglese), competenza digitale (Internet), spirito di iniziativa e imprenditorialità (impresa).

Alle “3 I” nel programma segue il punto relativo alla difesa del nostro patrimonio linguistico, delle nostre tradizioni e delle nostre culture anche per favorire l’integrazione degli stranieri. I dati Ocse Pisa 2006 hanno rilevato un peggioramento sensibile della comprensione linguistica da parte dei nostri studenti quindicenni, che in lettura sono regrediti di 7 punti nella scala mondiale. Per queste ragioni, in tutti gli ordini di scuola va potenziato lo studio della lingua e della cultura italiana sia attraverso lo studio della grammatica e della sintassi (già valorizzata con la riforma Moratti ), che attraverso il recupero delle radici culturali della civiltà italiana. Vanno promossi, inoltre, interventi per corsi di lingua e cultura italiana innovativi, propedeutici all’inserimento degli alunni stranieri nelle classi. Lo scopo finale è la condivisione della cittadinanza italiana, definita sui valori della Costituzione. Con l’attuazione del disposto dell’articolo 34 della Costituzione (“I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”), si intende, invece, favorire nuovamente mobilità sociale nel Paese. Merito e valorizzazione dei talenti devono essere sostenuti con borse di studio e prestiti d’onore per far sì che, anche chi è privo di mezzi, secondo il dettato costituzionale, possa realizzarsi come persona e come cittadino ed accedere agli studi e alle professioni senza impedimenti.

La società italiana è conservatrice e incentrata sulla famiglia, contano più le “conoscenze” (intese come raccomandazioni) che la conoscenza e la competenza. E poiché un sistema di istruzione e di formazione che non crea classe dirigente è un sistema socialmente parassitario, occorre invertire questa tendenza e favorire la formazione di persone che non prosperino in settori professionali protetti e a mandato quasi ereditario, ma che, sostenuti in tutte le loro capacità, emergano da un confronto leale nel mare aperto della competizione. Infine, la commisurazione degli aumenti retributivi a criteri meritocratici con riconoscimenti agli insegnanti più preparati e più impegnati rilancia la grande questione della qualità della preparazione e della condizione dei docenti. Finora il Parlamento si è occupato dell'insegnante essenzialmente come dipendente pubblico, alla stregua di tutti gli altri impiegati dello Stato (basti confrontare lo stato giuridico del 1906, 1923, 1957 e 1974). La stessa autonomia delle scuole non è realizzabile senza una revisione del ruolo e dello statuto dei docenti. Occorre restituire prestigio alla docenza partendo dal riconoscimento di una nuova professionalità e dall’introduzione di sistemi premianti in grado di commisurare gli aumenti retributivi a criteri meritocratici. Competenza, merito e qualificata professionalità dovranno ritornare ad essere le caratteristiche della docenza italiana in servizio e quelle dei nuovi insegnanti per favorire un ricambio generazionale di qualità.


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