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LA GIOSTRA DELLA POLITICA: EMOZIONI E DELUSIONI
Chiusa la lotteria delle candidature, fra polemiche e entusiasmi, abbandonati i toni troppo dimessi, la campagna elettorale entra finalmente nel vivo.
di
DOMENICO MENNITTI

[11 mar 08] Commentando i risultati delle elezioni politiche spagnole e di quelle amministrative francesi, Veltroni ha tratto la consolatoria conclusione che in Europa soffia il vento del socialismo e perciò egli spera che anche in Italia le vele del neonato Partito democratico si possano gonfiare. Le dichiarazioni di Veltroni, più che dell’auspicio, danno l’idea della rassegnazione: viviamo una fase interessante del confronto politico in Italia, ma lo stesso capofila di uno dei nuovi movimenti si guarda bene dal proporre se stesso come modello per il governo del suo Paese. Spera Veltroni di somigliare a Zapatero, confermandosi mediocre più che modesto, come ai tempi in cui si dichiarava affascinato da Clinton. Una scelta insipida, sottolineava Cossiga, perché il riferimento più denso di significato a quell’epoca era Kennedy, il presidente assassinato a Dallas. Berlusconi almeno non fa mistero di voler somigliare a sé stesso. E, dipingendosi spudoratamente senza difetti, è attento a cogliere ogni occasione per autocelebrarsi. Qualche volta eccede, ma in fondo, almeno ai suoi sostenitori, trasmette energia, speranza e non consulta le agenzie per scegliere a chi vorrebbe somigliare. E’ insopportabilmente innamorato di se stesso e gli riesce anche di far innamorare di lui gli altri: chi lo accetta lo vota e chi non riesce a sopportarlo gli fa guerra. Non sempre e non solo elettorale.

Con questi profili diversi corre ormai la campagna elettorale. E’ cominciata in sordina, tutti a dire che il clima è cambiato, i toni sono più tenui e che si guarda al futuro. Nessuno più accusa l’avversario di comunismo o, viceversa, di fascismo: lo scontro è fra liberali e conservatori da una parte e socialdemocratici dall’altra. Come accade nei Paesi davvero democratici, dove le transizioni si compiono velocemente, non durano – come da noi – più di cinquant’anni e si procede con la testa rivolta indietro. Rischiava di diventare una noiosa pantomima questo scambio di cortesie fra Berlusconi e Veltroni, ma è bastato varcare la soglia della presentazione delle liste perché saltasse il tavolo del “caro avversario, le faccio notare…”. Berlusconi ha strappato con furore il programma di Veltroni e questo gli ha risposto dandogli del selvaggio. E poi, terminata la fila dietro le porte dei magnati per implorare le candidature, è sceso in campo l’esercito dei comprimari. Ciarrapico, oggi nel Popolo della libertà in quota Forza Italia, ha rivendicato il suo inveterato amore per Mussolini, rimasto primo anche rispetto ad Andreotti; Fini vorrebbe anticipare al 13 aprile la data della Resistenza; Bertinotti gli ricorda che ce n’è già stata un’altra, posticipata al 25 dello stesso mese ma anticipata di oltre sessant’anni; Fassino, che in fondo resta inutilmente cauto, si sofferma ad osservare che i programmi dei partiti non si strappano. Semplicemente non si leggono perché sono fuorvianti, val la pena di aggiungere. Prodi, l’unico che abbia sconfitto per due volte Berlusconi da quando gli balenò l’idea di scendere dallo schermo delle tv, abbandona la scena senza trasmettere emozioni. Gli rende l’onore delle armi Il Messaggero, senza trovar di meglio che l’abusato paragone con Cincinnato. Pare che gli agricoltori non l’abbiano presa bene.

E poi dichiarazioni a non finire. La lotteria delle candidature è chiusa: chi sta in prima fila gioisce per la nomina; chi sta nella fascia grigia spera nell’imprevedibile successo della lista o, in alternativa, nella salute precaria di chi gli sta davanti; gli ultimi non possono coltivare la speranza di diventare i primi, ma sono contenti di vivere comunque un giorno con il proprio nome stampato sui giornali. Infine le lamentazioni degli esclusi: c’è chi accoglie il verdetto con dignità, chi gronda ipocrisia e chi le spara tutte, imprecando non contro il destino ma contro i destinatari delle sue invettive. E’ la giostra della politica. Gira così: procura emozioni e delusioni, alimenta speranze e recriminazioni. Domani sarà un altro giorno ed ognuno vivrà il ruolo che gli è stato attribuito. Peccato che non si possa dire, come almeno un tempo qualche volta accadeva, che si è meritato.



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