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[10 mar 08]
Questione di stile

La telenotizia deve essere ancor più sensazionale della notizia stampata: se non ci sono signore che mordono il cane occorre che il cane morda la signora almeno con ferocia. Il rispetto per le persone dovrebbe tuttavia indurre a non presentare le vittime singhiozzanti e urlanti. E’ vero che un tempo gli europei manifestavano platealmente le emozioni. (“E se non piangi di che pianger suoli?” domanda Dante: dunque a piangere si era soliti). Poi però venne dal nord l’usanza di mostrarsi imperturbabili. Solo a Napoli i tentativi di uccidersi per la morte di un parente stretto rimasero usuali. (Prima che nel film di De sica ne vidi uno autentico, da una finestra in faccia alla nostra, nel 1929).

A proposito di Napoli, in ogni telegiornale si vedono scene turche davanti alle discariche. Più che giustificate, ma le manifestazioni di rabbia, viste alla TV, a volte farebbero desiderare che l’arrabbiato vada in malora. Si dovrebbe evitare di mettere in cattiva luce chi soffre e di associarlo ad altri che nelle stesse circostanze pescano nel torbido. A volte chi è danneggiato dalla televisione è il primo a desiderarlo: comparire in TV equivale ad esistere. E questo è ovvio che lo desideri chi aspira ad essere un personaggio. Ma lo sconosciuto mostrato nella luce peggiore dalla macchina da presa non giunge ad essere “qualcuno” e si esibisce a vuoto. E’ quello che ho chiamato “il suicidio della privacy”.

Ogni canale ha il suo stile, e in qualcuno cronista e presentatore parlano pacatamente. Ma in genere il tono è quello del cronista che commenta una partita di calcio, senza avere l’abilità di Nicolò Carosio; che, però, parlava alla radio ed aveva il vantaggio che il pubblico non vedeva ciò che lui andava descrivendo con tanta efficacia.

 


 

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