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Una giornata con la Lipu: nati per volare
di TIZIANA LANZA

[11 mar 08] Un giorno Gandhi pronunciò queste parole: “La grandezza di una nazione e il suo progresso possono essere valutate dal modo in cui trattiamo gli animali”. Se diamo il giusto valore a queste parole, allora riconosciamo che dobbiamo lavorare ancora molto per diventare grandi. Purtroppo sempre più spesso vediamo sull’asfalto animali maciullati dalle ruote dei veicoli di chi preferisce arrivare cinque minuti prima piuttosto che rispettare il loro diritto alla vita. E se credete che i cassonetti dell’immondizia siano soltanto una soluzione preferenziale per neonati indesiderati, cercate bene, perché qualche volta i rumori sospetti potrebbero nascondere un rapace. “Salve, sono un gufo reale e sono stato buttato dentro un cassonetto con le zampette legate…”. Al centro recupero fauna selvatica della Lipu (Lega italiana protezione uccelli) di Roma gli animali parlano in prima persona attraverso i cartelli posti davanti alle gabbie che li ospitano temporaneamente, in attesa di essere di nuovo messi in libertà. Arrivo davanti al portone del centro, dove un corvo zoppica intorno a due vaschette piene d’acqua. Non ha paura di me, è a suo agio come fosse a casa sua. Devono avere curato anche lui. “Quel gufo”, mi spiega Chiara Perversi, una veterinaria del centro che accudisce quegli animali, “non verrà però rimesso in libertà perché è nato in cattività”. Senza l’imprinting dei genitori, infatti, non potrà mai trovarsi a suo agio in natura.

A essere soccorsi sono circa 4000 esemplari all’anno fra gufi, aironi, rondini, pipistrelli, per citare i più comuni. “Ma abbiamo avuto in cura anche due bellissimi lupi. E’ soprattutto in estate che gli animali si trovano in difficoltà. Ne possono arrivare addirittura cento al giorno, ed è il periodo più difficile per tentarne il recupero”, ci dice ancora Chiara. Tuttavia, considerando le cattive condizioni in cui spesso arrivano, la percentuale di recupero è davvero alta. Sono animali vittime del bracconaggio oppure, più spesso, delle pallottole sparate per puro divertimento. Altri fanno le spese dell’incuria e della superficialità, come nel caso del gufo. Nel bel mezzo del colloquio, i miei occhi vanno su due scatole appoggiate su un tavolino. Da dentro provengono dei rumori. Vedendomi incuriosita, Chiara mi invita a un evento straordinario. Decido di seguire lei e altre due volontarie nella riserva naturale di Castel di Guido sull’Aurelia, a pochi chilometri da Roma. Non mi lascio scappare l’occasione che ha l’aria di essere unica. Finalmente arriva la seconda volontaria, accompagnata da un cane nero e molto carino, dal nome simpatico e insolito di Lampadina. Si parte. Una volta arrivata a destinazione mi inoltro nella bellissima oasi e non mi importa del polverone che aggredisce la mia macchina. Non vedo l’ora di assistere all’evento: la liberazione di una poiana e di un gheppio curati nel centro.

Finalmente parcheggiamo e ci uniamo a un altro gruppetto di persone, cani e bambini. Chiara indossa il fratino rosso della Lipu e ci avverte: bisogna stare in silenzio, non fare applausi, non usare flash perché il maestoso rapace che sta per tirare fuori è già abbastanza stressato. Visto che si tratta di una poiana, può essere liberata anche in un luogo diverso da dove è stata trovata. In altri casi invece bisogna riportarli nel luogo di provenienza. E così la prende fra le mani, allarga una sua ala per mostrarci l’apertura alare. Siamo lì tutti in silenzio, persino Lampadina e gli altri cani, ed emozionati mentre la poiana ci sfila davanti. Poi la battuta finale, quella più intensa. Chiara si gira verso alcuni alberi e dolcemente accompagna la poiana verso l’alto e il rapace prende il volo. E’ un po’ spaesata, ma piano piano riprenderà la sua vita, ci assicurano gli esperti intorno. Alla mia domanda se verrà monitorata, Chiara risponde dicendo che è stata inanellata e cioè è stata munita di un anellino di riconoscimento. Chissà, forse un giorno la rivedranno. Assistiamo poi alla liberazione del gheppio, che ritorna davvero a casa sua, perché era infatti stato trovato proprio in quel luogo in fin di vita.

La straordinaria esperienza si conclude. Qualche commento sulla bellissima riserva dove vige il divieto di caccia: qui dovrebbero vivere tranquillamente 150 specie di uccelli e anche qualche mammifero come l’istrice, la volpe, il tasso. Ci sono anche rettili e molti insetti. Poi qualcuno spezza il sogno e parla di bracconaggio e di trappole per i cinghiali. Nel frattempo si ode un frastuono: sono alcune moto enduro. Rimaniamo un po’ increduli. Come hanno fatto a entrare? “Meno male che non sono passate mentre liberavamo la poiana e il gheppio”, penso fra me e me. Gli animali non vengono rispettati neanche a casa loro. Per non parlare delle leggi.



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