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Gli Usa in equilibrio tra India e Cina
di ELISA BORGHI

[11 mar 08] Pochi giorni prima di recarsi in Medio Oriente per cercare di negoziare la pace tra israeliani e palestinesi, il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha compiuto un’altra missione diplomatica, se possibile ancora più complessa di quest’ultima, e dal valore strategico non inferiore. Il 26 febbraio la Rice approdava infatti a Pechino mentre, quasi contemporaneamente, il collega Robert Gates, segretario per la Difesa Usa, atterrava a Nuova Delhi. Un viaggio attentamente pianificato dalla Casa Bianca, che riassume l’approccio di Washington nei confronti delle potenze asiatiche: quello del piede in due staffe. Già, perché mentre Condi Rice cercava di convincere il presidente cinese che niente è più importante della partnership sino-americana nel quadrante asiatico e che Cina e Usa devono condividere la responsabilità di gestire gli affari internazionali, Gates diceva al presidente indiano più o meno le stesse cose, cioè che l’India è l’alleato numero uno degli Usa nella regione e che la collaborazione tra di loro deve rafforzarsi. Ma procediamo con ordine.

Sebbene sia difficile quantificare l’importanza che gli Usa attribuiscono a ciascuno dei due Paesi, e ancora di più capire quale tipo di rapporto indiani e cinesi intendano costruire con gli americani, qualche evidenza è comunque emersa dal viaggio cinese di Condoleezza Rice. Dopo avere parlato con il presidente Hu Jintao, il segretario di Stato ha dichiarato ai microfoni della tv di Pechino che “la Cina sta conquistando un posto sempre più rilevante negli affari internazionali e si sta aprendo al mondo, e questa è una buona notizia”. “Io sono convinta - ha proseguito - che la Cina abbia preso coscienza del grande ruolo di condizionamento internazionale che esercita. Penso che si sia ampliata la visione che la Cina ha di se stessa nell’arena internazionale, e noi ne stiamo traendo vantaggi”. Sono tre gli esempi usati dalla Rice per dimostrare il nuovo engagement di Pechino in politica internazionale: i colloqui a sei per la denuclearizzazione della Corea del Nord, la crisi in Birmania e la guerra nella regione sudanese del Darfur. Tre aree in cui “la Cina ha un certo impatto”, ha detto il segretario di Stato, che ha poi categoricamente escluso la possibilità di fare pressioni sulla politica estera di Pechino minacciando di boicottare le Olimpiadi: “Il presidente è stato molto chiaro, quello sarà solo un evento sportivo”. Pare infatti che Bush siederà in prima fila alla cerimonia di apertura dei Giochi. Olimpiadi a parte, questa missione passerà alla storia - e anche alla geografia - per l’invito rivolto alla Cina a condividere con gli Usa la responsabilità nella gestione degli affari globali. Affari in cui i cinesi sono, come ha detto la Rice, stakeholder, azionisti.

Sono molti gli analisti convinti che gli Usa stiano rafforzando la cooperazione militare con l’India allo scopo di avere, in Asia, un alleato capace di contrastare la potenza cinese. Alla fine di febbraio, nel dare il benvenuto all’americano Robert Gates, il ministro della Difesa indiano ha detto che “la presidenza di George Bush ha impresso una accelerazione senza precedenti alla partnership tra i nostri due Paesi, soprattutto per quanto riguarda la difesa”, come peraltro dimostra l’iter di Gates che ha incentrato la sua visita esclusivamente sulle relazioni militari ed è risultato tanto convincente da portarsi a casa un’importante commessa militare. Si parla di un ordine di 126 aerei da combattimento per un costo complessivo di 10 miliardi di dollari. Un contratto che era la priorità di Gates e dei “contractors” di Lockheed Martin’s e Boeing che lo accompagnavano e la cui importanza non è soltanto commerciale: gli aerei americani saranno utilizzati dall’aeronautica indiana per i prossimi 40 anni, quattro decenni nel corso dei quali il Paese avrà bisogno di assistenza tecnica, ricambi, sistemi aggiornati. Un punto su cui gli Usa insistono, spiegando che loro forniscono il pacchetto completo, con tutto quello che ciò comporta (compreso un legame privilegiato con l'acquirente). E questa non è la sola commessa in gioco. Entro il 2012 l’India spenderà 30 miliardi di dollari in apparecchiature e strumenti militari e Washington ambisce a fornirne una gran parte, sostituendosi alla Russia come principale fornitore militare di Nuova Delhi. “Non ci aspettiamo grandi balzi in avanti, piuttosto un lento ma progressivo consolidamento nella relazioni tra i nostri due Paesi”, ha detto Gates prima di andarsene.

In Asia gli Usa giocano (almeno) su due tavoli. E in questo momento storico le cose non potrebbero andare meglio per Washington. Sia Pechino che Nuova Delhi attribuiscono un’enorme importanza alla collaborazione strategica con gli Stati Uniti ed hanno tutta l’intenzione di rafforzarla. Per non alterare il rapporto con l’uno o l’altro dei giganti asiatici la Casa Bianca si muove su un filo sottile. Da una parte cerca di non attribuire un valore anti-cinese al rafforzamento della cooperazione militare con l’India, dall’altra tenta di non sminuire l’importanza del rapporto con Nuova Delhi nonostante dedichi a Pechino la maggior parte delle energie. E’ un equilibrio precario nel quadro di una strategia che evolve rapidamente e il viaggio di Rice e Gates ne è testimonianza.



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