Quando Jünger parlava di Internet
di Luciano Lanna
A distanza di almeno un decennio dalla diffusione di Internet e ad
oltre vent’anni dall’uscita del libro che – per primo –
profetizzava uno strumento assai simile al web, quasi nessun
operatore culturale ha avuto il coraggio di evidenziare la
coincidenza tra l’evento e il romanzo. Quasi nessuno ha, infatti
ricordato che lo scrittore tedesco Ernst Jünger nel suo romanzo
“Eumeswil”, uscito in Germania nel 1977 e in Italia nel 1980 da
Rusconi, descriveva il Luminar, uno schermo interattivo che
scandiva la vita dei protagonisti. "La tecnica – scrive Jünger –
possiede un sottosuolo. Sta diventando inquietante per se stessa.
Si approssima alla realizzazione diretta delle idee, come suole
avvenire nei sogni sembra mancare solo un piccolo passo ancora:
esso potrebbe sbucar fuori dal sogno stesso, come da uno specchio.
Una porta non deve più esser mossa: deve aprirsi da sé. Ogni luogo
desiderato deve essere raggiungibile in un attimo. Un mondo
qualsiasi può essere cavato fuori dall’etere o, come nel Luminar,
dalle catacombe. I fatti sono già abbastanza remoti, e si può dire
che non se ne cura più nessuno. Nel Luminar, tuttavia, ho reperito
io stesso – afferma il protagonista del romanzo – per il nostro
limitato territorio cittadino una sterminata quantità di titoli.
Come per ogni lavoro con quell’apparecchio, la cosa principale è
centrare i punti-chiave. Vi affluisce caoticamente tutto ciò che
agitava lo spirito del tempo". Un flusso di tutto ciò che abita
“lo spirito del tempo”: questo appariva a Jünger il Luminar, uno
strumemto cui connettersi e interagire con la varie epoche
storiche, con le teorie filosofiche, con le tracce delle civiltà.
“Eumeswil” è da poco tornato in libreria per i tipi della Guanda.
E anche in questa occasione non abbiamo notato recensioni che
hanno sottolineato questo aspetto. O altri aspetti, a cominciare
dalla prospettiva anarchica e libertaria che Jünger sembra
suggerire di fronte al proliferare del leviatano e ai rischi di un
governo mondiale. Lo scrittore tedesco, morto ultracentenario nel
1998, anticipava in quel romanzo tutte le questioni rese oggi
d’attualità dalla globalizzazione. Lo sfondo del romanzo di Ernst
Jünger è lo scenario del conflitto tra il gioco politico e
l’esigenza di libertà del protagonista, Martin Venator:
l’antagonismo tra la forma-città e il deserto, la selva, che sta
intorno alla città, che – natura – ne circoscrive il perimetro, e
quindi ne custodisce la forma, ma anche contemporaneamente la
minaccia. L’etica post-nichilista del protagonista, l’Anarca che
porta il nome del Cacciatore (Venator), si gioca sul confine tra
la necessità dell’artificio politico e l’espressione lucida e
composta della libertà individuale. In questo scenario tragico si
muovono le forze primarie di Eros e di Polemos – Amore e Guerra –,
di Themis e di Kratos – Giustizia e Potere– i demoni che caricano
di energie attive il cosmo politico. L’etica del Cacciatore è
impostata su un’estetica della lucidità: sguardo “radiologico”,
che interviene attivamente nelle relazioni, nella polis, nel suo
tempo, riservandosi, però, l’energia intatta della selva, proprio
nel momento in cui la città perde la sua intrinseca inquietudine e
tende a divenire, tout court, una “città pacificata”, che raggela
qualsiasi tensione magmatica, disonorando i demoni divini che la
fondano.
Nella storia dell’Occidente le innovazioni tecnologiche – la
scrittura, il libro rilegato, la stampa a caratteri mobili, la
fotografia, il cinema, la televisione – hanno portato a momenti di
benefica crisi e a passaggi rivoluzionari nell’elaborazione del
sapere e della sua trasmissione. Lo stesso sta avvenendo con
Internet. Ma anche il web – come direbbe McLuhan – non è
banalmente neutrale, come invece vorrebbe far credere la vulgata
minimalista dura a morire. Internet – come aveva intuito Jünger –
è in realtà un nuovo sistema di segni e di relazione, fortemente
carico di contenuti politici. Come Martin Venator noi siamo oggi
ad un bivio epocale, anche nel modo di concepire e di rapportarci
al potere. Il protagonista di “Eumeswil” ci invita ad un nuovo
atteggiamento: né sudditi, né ribelli. Quando il potere si
ridefinisce a rete, quando l’interazione dei saperi diventa la
chiave del potere, non ci resta che diventare tutti “anarchi”, al
di là del potere. Cosa significa? Non ci resta che leggere
“Eumeswil”.
1 febbraio 2002
lucianolanna@hotmail.com |