Un'estate televisiva all'insegna del "prezzemolismo"
di Ivo Gemano


L'estate sta arrivando e un anno di televisione va passando. Trascolora, si scioglie, svanisce. Già, perché oramai nella parabola mediatica in coincidenza con l'apertura degli armadi e la fatidica “prova del costume” - unico esempio di ordalia ancora persistente nelle società buoniste - il giudizio cosmico sulla (e nella) televisione tende ad abbassarsi. Le ultime due domeniche di maggio sono infatti coincise con la conclusione dei due “contenitori” mediatici, offerti alla italica audience. Buona Domenica e Domenica In rappresentano, infatti, il distico elegiaco della domenica pomeriggio, ossia quella terra di nessuno mediatica, un tempo schiacciata fra i compiti a casa e il timore verso il sadismo di fissare il compito in classe proprio di lunedì, ed ora sorta di intermezzo fra i tempi compressi delle performance. Non più, allora, hegeliana punizione dello spirito, né diversivo per i giovani perché giovani e i vecchi perché vecchi. Con l'eccezione dell'intramontabile serenità di giudizio e solarità esistenziale dell'Iva Zanicchi e della veloce intelligenza di Maurizio Costanzo. E a proposito della Zanicchi, non farà più Domenica in. Proprio l’Iva nazionale si è accorta prima di altri che gli odori e i sapori della domenica italiana si spandono altrove.

Cos’altro va segnalato della imminente stagione televisiva? Un fenomeno pervasivo e ricorrente, martellante e ossessionante emerge in ogni puntata, alla stessa ora e allo stesso giorno: il prezzemolismo. Virtù dell'apparenza e talento dell'intrusione. Dalla concettuosità paleotelevisiva - incarnata dalla figura dell'ospite ciliegina che dovrebbe arricchire la trasmissione - siamo passati, essendone in qualche maniera complici, all’inflazione delle solite note e ignote. Nulla di strano, se si trattasse di una familiarità domestica, di un volto amico “alla Corrado”. Ma non è così. Il già visto e il già sentito impiombano l'attenzione di noi spettatori. E dire che proprio il territorio domenicale fu terreno di sperimentazione e piattaforma di lancio di giovani talenti: Paolo Villaggio, Cochi e Renato, Solenghi, Lopez e Marchesini, Beppe Grillo e molti altri. Niente a che vedere insomma con la passerella domenicale delle innumerevoli prezzemoline televisive che di “ospitata in ospitata” compongono, di par loro, uno zapping e ri-zapping ossessionante. Sempre loro, sempre quelle. Incarnando l'avatar domestico del prezzemolismo, ostensione di curve e trasparenze, banalmente trendy. Indiscutibilmente belle figliuole, seducenti e attraenti, ma replicanti la catena di montaggio autopromozionale, così intinerante e iterativa da tramutare il più convinto dei libertari visivi in un clone dell'inquisitore Eymerich, creatura letterale dei romanzi del bravissimo Evangelisti. 

Chi di noi non rammenta quelle belle foto, vere e ben costruite, che ritraevano gli “uomini sandwich” deambulanti attraverso le larghe strade delle metropoli statunitensi. Ecco, per improprio parallelismo storico, pare che il prezzemolismo sia il corrispettivo della reclame presente nell'uomo sandwich. Sinceramente attenderemmo qualcosa di più da maschi ragionevolmente post-moderni che non ne possono più di un cinquantennio votato all'omaggio devoto alla seduttività. Grazie al cielo, possediamo almeno una fotografia di Brigitte Bardot o possiamo restare stupefatti dalle foto di una splendida cinquanteseienne come Charlotte Rampling, immortalata all'interno dell'ultimo numero di Vanity Fair. E poi, fra mille insicurezze, ognuno di noi possiede almeno un attrice e un attore, una popstar, maschile, femminile su cui potrebbe discutere ore ed ore. D'accordo che l'occhio televisivo vuole la sua parte, comunque e dovunque. Parte, non frazione, allora. Pane e non companatico. Ciliegie e non prezzemoli. Al prossimo zapping, mes amis.

1 giugno 2001

ivogermano@libero.it





 




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