Ma io voto Taricone
di Paola Liberace

E bravo Pietro. Ancora una volta, il vero guerriero della televisione italiana ha dato spettacolo, come gli si richiedeva, denunciando nel contempo il fatto che gli fosse richiesto. Alla serata dei Telegatti, davanti a una platea incerta se schierarsi dalla sua parte in nome del nuovo culto mediatico o fischiarlo in nome della buona vecchia televisione, Taricone ha sparato a zero su almeno tre obiettivi eccellenti. A cominciare da Alessandro Cecchi Paone, paladino della cultura con la C maiuscola, che è platealmente esploso nella prima parte della trasmissione per essere stato messo “alla pari” con il “Grande Fratello”, premiato nella stessa categoria della “Macchina del tempo”. Un ottimo modo, non c’è che dire, per distruggere in pochi istanti l’aureola di personaggio cortese e amichevole costruita in anni di trasmissioni mirate: tanto da guadagnarsi la palma del “becero” molto più dello stesso Taricone, per il quale un certo stile è ormai scontato e fa parte dello show.

L’invettiva di Cecchi Paone, è stato appoggiata, e lo sarà ancora in futuro, da tutti coloro che hanno in mente un’immagine della cultura e della divulgazione televisiva legate alla Tv di stato di qualche decennio fa. Un’immagine non soltanto anacronistica, ma che merita decisamente di essere messa in discussione: non si tratta di guardarsi indietro e constatare che “purtroppo” la Tv non è più quella di una volta, ma di cavalcare il cambiamento sociale e culturale con idee e format che scuotano il sostrato della comunicazione. E’ questo il senso di un premio come quello meritato dalla trasmissione di Taricone&Co. Non per niente, nel nome della categoria famigerata: “Costume e cultura”, era ben evidente il primo dei due termini. E quale programma, se non il “Grande Fratello”, è stato il documento più interessante dell’ultima stagione televisiva dal punto di vista del costume? 

Ma se “cultura” non significasse per la televisione qualcosa di particolare e ben distinto dalle tirate accademiche, non sarebbe stato possibile nemmeno accostare i due termini. A modo suo, Taricone lo ha fatto notare: riportando gli animi alla constatazione che la cultura è tutt’altro che “divulgazione” o “scolarizzazione”, specialmente sul piccolo schermo. E che nessuno, tanto meno se protestando in maniera ricusatoria verso il proprio pubblico, può farci niente. Per fortuna.

1 giugno 2001

pliberace@hotmail.com





 




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