Medvedev, un delfino nel segno della continuitą
di Stefano Grazioli
[11 dic 07]

Putin ha scelto: sarį Dmitry Medvedev il suo successore. Naturalmente si tratta di un passaggio di consegne alla russa; come Eltsin e famiglia avevano fatto con Vladimir Vladimirovic, ora lui fa con uno dei suoi amici di piś lungo corso. Le elezioni del 2 marzo 2008 saranno quindi solo una formalitį, visto che la maggioranza dei russi non avrį certo problemi a votare per il candidato preferito da Putin. Nella forma il nome di Medvedev č uscito da una consultazione tra i pezzi grossi di Russia Unita, Russia Giusta, Partito agrario e Forza Civile, in sostanza č il volere del presidente in carica. A Mosca, oggi come ieri, la democrazia č solo un’ombra e come prima le decisioni venivano prese da Boris e un paio di oligarchi, ora al Cremlino Vladimir gestisce a piacimento i suoi silogarchi. Ed ecco quindi che dal cilindro č uscito un nome conosciuto, uno di quelli che giį da tempo erano in pole position, insieme a quello di Sergei Ivanov. Rimangono spiazzati coloro che pensavano a un candidato debole, alla Zubkov, l’attuale primo ministro pronto per fare la marionetta in un governo putiniano, e quelli che ancora in questi giorni vociferavano di una possibile unione tra Russia e Bielorussia con conseguente adozione di una nuova costituzione e terzo mandato per il capo dello Stato.

Nulla di tutto questo: come Putin ha sempre detto, nessuna modifica costituzionale e scelta obbligata per il paese destinata a ribadire stabilitį e continuitą. In questo senso la volontį di puntare su Medvedev appare indicativa: Dmitry Anatolyevich č accanto a Vladimir dai tempi di San Pietroburgo, quando i due collaboravano con il sindaco riformista Anatoli Sobchak, una specie di Elstin sulla Neva. Giovane, 43 anni, laureato in legge, ha una carriera accademica alle spalle ed č il rappresentante di punta dei pietroburghesi, gli uomini fidati che Putin ha raccolto al Cremlino a partire dal 1999. Medvedev č stato vice dell’amministrazione presidenziale (arrivando nel 2000 sotto Alexander Voloshin, tra gli ultimi degli esponenti dell’entourage eltsiniano a fare le valigie), poi numero uno nel 2003 e nel 2005 primo vice ministro. Dal 2002 č anche al vertice del board di Gazprom.

Medvedev rappresenta la continuitą con Putin ed č stato scelto per garantire il corso adottato sino ad ora in Russia. Il fatto che sia gią da due anni responsabile dei progetti nazionali (quattro pilastri per la modernizzazione del paese nel settore sanitario, immobiliare, scolastico e agricolo) lo pone in situazione di favore verso l’elettorato: i russi, anche se sono consapevoli che non mancano i problemi, hanno perņ beneficiato nei due mandati di Putin di notevoli miglioramenti e vogliono proseguire su questa strada. Medvedev č considerato un liberale in economia e un moderato in politica. La scelta su di lui č anche importante dal punto di vista internazionale. In patria il presidente č sempre stato accusato dagli hardliners di essere troppo filoccidentale; ha dovuto sempre bilanciare tra l’anima moderata, quella dei pietroburghesi, e quella dei siloviki, alla Ivanov. Sicuramente se la decisione fosse caduta su quest’ultimo, ex Kgb, ex vice direttore dell’Fsb, ex ministro della Difesa e attuale vice primo ministro, si sarebbe descritta una Russia diversa. Cosģ, invece, Putin dimostra di aver resistito alle tentazioni di chi voleva un arrocco di Mosca e conferma la vocazione della Russia verso una transizione pił liberale e democratica. Sta all’Occidente capire i segnali che vengono da est. Resta da sciogliere il nodo del futuro di Putin, sul quale l’interessato non ha proferito verbo. Ora si apre un’opzione in pił: rimarrą libero un posto chiave a Gazprom.

 

 


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