Mussolini
di Alessandro Campi

L’uomo che volle essere l’Italia, ma solo perché gli italiani vollero, a larga maggioranza, che egli ne riflettesse sulla scena pubblica vizi (tanti) e virtù (assai poche)? L’uomo del popolo attraverso il quale un intero popolo ha visto sublimati ed esaltati - attraverso le sembianze rudi, le parole roboanti e i gesti scomposti dell’Uomo per eccellenza della storia nazionale - i propri atavici immoralismi? Tra gli (auto)inganni perpetrati da certa cultura politica - e da certa storiografia - c’è stato anche quello d’aver ridotto un periodo tra i più tragici e tormentati della storia italiana contemporanea ad un perverso gioco di specchi tra gli italiani, massa cortigiana, ed il focoso predappiese, rivoluzionario della domenica assurto agli onori della cronaca politica in grazia di una perversa miscela di negligenza collettiva, d’accidenti storici, di cecità e viltà politiche e, per finire, di smisurato volontarismo, quale appunto quello che ha sempre caratterizzato l’avventuriero Mussolini.

Insomma, un destino italiano, compiutamente ed emblematicamente italiano, quello del socialista massimalista divenuto interventista, poi presidente del Consiglio, poi Dittatore, poi Cesare e Condottiero, infine nuovamente socialista, in un gioco perenne - va da sé, tipicamente italiano - di trasformismi, teatralismi, inconcludenze verbali, tradimenti e pressappochismi dai quali l’Italia è uscita alfine distrutta come paese e sfibrata come nazione. Si vuol essere antifascisti coerenti e democratici maturi? Ma allora - per esserlo davvero - raccontiamoci, oggi che si può, oggi che il tempo trascorso da quegli eventi ce lo consente, la storia vera di quegli anni e di quegli uomini, a partire proprio da Mussolini (italiano sì, ma uno dei tanti, senza alcun sigillo di italianità quintessenziale), e non la storia avvilente e di comodo, collettivamente mortificante, che ci siamo così a lungo narrati e impressi a mente, nell’errata convinzione che presentarsi, agli occhi propri ed altrui, come un popolo d’immaturi sia meglio che assumersi la responsabilità - politica e storica - d’aver sbagliato scelte e giudizi. Che è quello che capita sovente nella storia dei popoli.

21 dicembre 2001

 
 

 

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