Gallismo
di Eugenia Roccella
Giovanna, Cristina, Daniela...” Voci maschili inseguivano le
ragazze per le strade cittadine, tentando di azzeccare un nome, ma
loro non si voltavano mai, nemmeno se il nome era quello giusto.
Aleggiava però sul loro volto un insopprimibile sorrisino di
piacere: un piccolo, innocente piacere per un piccolo, innocente
potere. Cos’era, poi, il gallismo? L’estremismo della galanteria,
una inesausta tensione verso il mondo femminile, che non si apriva
facilmente, né facilmente svelava i suoi misteri. Il gallismo
aveva il suo lato oscuro, le vanterie da bulli, l’insistenza
molesta, talvolta la volgarità. Ma in genere era piuttosto
educato, persino timido (“permette, signorina?”), cosciente che un
abisso separava il provarci dal riuscirci. Poi il femminismo ha
rovesciato tutti i riposanti luoghi comuni sui rapporti tra i
sessi: le donne chiedono, desiderano, inseguono. Non sono più
misteriose, tantomeno restie. Se osi un complimento fiorito ti
ridono dietro, se azzardi un gesto ti denunciano, se butti là una
richiesta sono capaci di prenderti in parola. Del gallismo sono
rimasti solo i residui spuri, la cafoneria, la brutalità,
aggravati da un inconfessato timore e da un crescente
disinteresse. Pazienza, le donne vanno dritte per la loro strada.
Ma nessuno più cerca di farle voltare, tirando a indovinare un
nome: “Patrizia, Giulia, Francesca, Maria...”
21 dicembre 2001
|