La lira
di Sergio Ricossa
Moneta nazionale italiana, più comunemente chiamata “liretta”: non
esiste più, prima ancora di essere sostituita dall’Euro. Qualunque
segno metallico o cartaceo, per indicare la lira, verrebbe a
costare più di una lira. Quindi non conviene coniarla o stamparla.
Si coniano o si stampano soltanto i multipli. Ma nessuno, nemmeno
un mendicante, fa più lo sforzo di chinarsi a raccattare una
“cinque lire” o una “dieci lire”, se non un “palestrato” per
tenere in esercizio i muscoli. Eppure in origine, all’epoca di
Carlo Magno, la lira si chiamava così perché valeva una libbra
(quasi mezzo chilo) d’argento. Restò dignitosa finché ebbe senso
dividerla in cento centesimi o venti soldi. Tutti speravano di
arricchirsi “facendo i soldi”. La lira italiana da cento centesimi
nacque nel 1862 e aveva un valore pari a 4,5 grammi d’argento. Il
resto della storia patria è un susseguirsi di invocazioni:
“Salviamo la lira!”. Invocazioni spesso ipocrite. L’Italia ha
sempre avuto un partito trasversale favorevole all’inflazione.
Celebre il salvataggio della lira operato da Luigi Einaudi nel
1947. Meno noto è che per questo Einaudi fu odiato da non pochi
industriali e sindacalisti.
21 dicembre 2001
|