Il Caucaso, nuovo confine dell’Unione Europea
di Stefano Caliciuri

“L’Europa è pronta a sostenere i paesi del Caucaso meridionale nel loro percorso di democratizzazione, a patto che a prevalere per la risoluzione dei conflitti sia la linea politica e non la forza delle armi”. Lo ha affermato Margherita Boniver, sottosegretario agli Affari Esteri, al rientro dalla Troika caucasica. La delegazione europea, guidata proprio dalla rappresentante del Governo Berlusconi per il concomitante semestre di presidenza italiana, è stata accolta dai presidenti ed i ministri degli esteri di Azerbaigian, Georgia e Armenia. La discussione è stata incentrata sui numerosi focolai di tensione ancora accesi, presenti soprattutto in Armenia e Azerbaigian per la contesa del Nagorno-Karabakh ed in Georgia per le minacce separatiste provenienti dai due territori di confine russo dell’Abkazia e dell’Ossezia del Sud. Senza poi dimenticare le presunte infiltrazioni del terrorismo ceceno e di Al Qaida nella famigerata gola di Pankisi che aumentano le difficoltà del processo di mediazione. Nonostante le ventisette risoluzioni Onu ancora disattese dagli Stati caucasici, le speranze per risolvere la crisi non sono svanite. Adesso è il momento dell’Europa: entrare in gioco, nel tentativo di portare un confortante e necessario contributo nel processo di riappacificazione, è un compito assai arduo ma l’Italia, in occasione del semestre di presidenza, intende impegnare tutte le sue forze per dare una scossa determinante al dialogo. Le aspettative sono persino eccessive, ma è confortante constatare che vi sono fasce sempre più ampie della popolazione caucasica che, come ha commentato il sottogresetario Boniver “guardano all’Europa come ad un faro, un punto di riferimento fisso e presente, a cui affidarsi per farsi trascinare nel porto della democrazia, del buon governo e del rispetto dei diritti fondamentali”. L’allargamento a 25 Stati membri dell’Unione estende i confini della Comunità europea non lontano dalle pendici caucasiche: non è da escludere a priori che in un futuro ancora da delineare essi possano esserne inglobati.

Il superamento della crisi tra Armenia ed Azerbaigian per il controllo del Nagorno Karabakh può avvenire soltanto attrraverso un negoziato in cui siano le stesse parti interessate a trovare un accordo. L’Europa può soltanto fare da supporto e da stimolo, inserendosi in una cornice già delineata dai due governi caucasici. Dal presidente azero Gheidar Aliev (le cui condizioni di salute assolutamente precarie non lasciano ben sperare per il futuro) si attendono elezioni politiche trasparenti. Una sollecitazione che, non a caso, cade a pochi mesi dal rinnovo presidenziale che dovrebbe vedere la salita al potere del figlio di Aliev. Sul paese grava inoltre la pressione sociale di oltre un milione di profughi del Nagorno Karabakh: la delegazione europea ha auspicato il pieno rispetto dei diritti umani per i rifugiati e la piena agibilità e legittimità politica per le forze di opposizione da parte del governo Aliev. I medesimi auspici sono stati rivolti anche al presidente del Parlamento armeno, Baghda Ssaria, al capo dello Stato, Kocharian, ed al ministro degli esteri, Oskar Anian.

Con il presidente georgiano Eduard Shevardnadze la delegazione europea ha analizzato soprattutto la situazione politica ed economica interna, agitata dalle spinte secessionistiche provenienti dall’Abkazia e dalle possibili infiltrazioni terroristiche filocecene nella gola del Pankisi. Nonostante i ripetuti tentativi, sono già ventisette le risoluzioni dell’Onu cadute nel vuoto, la crisi gravissima della regione secessionista dell’Abkazia ha bisogno di un nuovo rilancio negoziale. “E’ giunto quindi il momento per l’Europa di farsi da mediatore delle trattative – ha concluso Margherita Boniver - trovando il modo per dare soluzioni durature ai problemi aperti in questi pezzi di ex Unione Sovietica che ancora oggi si agitano, a volte ispirati da cattivi maestri. Soltanto quando la lotta alla corruzione e al terrorismo sarà intensificata e vinta, applicando le convenzioni europee in materia di diritti fondamentali dell’uomo e di democrazia, allora le porte dell’Unione potranno aprirsi anche oltre la barriera caucasica”.

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