Le incompatibilità elettive
di
Riccardo Notte

Di tutte le anomalie della "nuova Pearl Harbor" quella che forse ha colpito di più l'opinione pubblica è stata la cattiva prova di sé che i servizi segreti statunitensi hanno dato. Nessun preavviso, nessuna "soffiata" di qualche importanza era giunta all'orecchio dell'Intelligence statunitense. Da qui il successo dell'impresa, e il susseguente attonito sgomento sconfinante con l'incredulità. 
Ma proprio in questa incredulità troviamo forse il capo di uno dei numerosi paradossi della vicenda.
I commentatori televisivi hanno tempestivamente associato la funesta impresa dei seguaci di Osama Bin Laden a una coreografia che è stata capace di superare i più arditi progetti hollywoodiani. Solo che in questo caso era ed è cruda realtà. Ebbene, l'Occidente, proprio grazie a un secolo e passa di cinema e a cinquant'anni di televisione, ha allentato i legami con ciò che Freud definì il "principio di realtà". Ad esso, l'Occidente ha lentamente sostituito una capillare e subliminale attitudine alla "sospensione dell'incredulità", fenomeno che, com'è noto, si verifica ogni qual volta in una sala cinematografica o davanti alla tv ci si "cala nella storia". 

Di grattacieli assaltati da King Kong, frantumati dalle bombe o liquefatti dalle fiamme al cinema ne abbiamo visti a migliaia. Ma la magia di quel processo psichico definito "sospensione dell'incredulità" sta proprio nel consentire una salutare scarica catartica attraverso gli aristotelici strumenti narrativi in grado di suscitare pietà o terrore. Dopodiché si torna alla blanda quotidianità fatta di piccole o anche di grandi evenienze, ma comunque circostanze razionali e ordinate. Nelle vita "reale" può anche accadere qualcosa di drammatico: un incidente aereo o automobilistico, un tracollo finanziario o una grave malattia. Ma ciascuna di queste possibilità occupa nella mente degli occidentali un posto preciso in una tabella di "casi" e di "fatti" ben ordinata, sottoposta a un ordine logico, il cui specchio è rappresentato dalle statistiche. Dunque, per quanto terribile, ciascuna delle infauste eventualità della vita rientra paradossalmente in un rassicurante ordine.

E' necessario soffermarsi un attimo su questo non palese rapporto fra l'ordine logico-sequenziale della vita "reale" e il parossistico disordine simbolico che invece regna nel mondo della fiction. Infatti, siamo al cospetto di una delle chiavi di lettura di tutta l'orribile vicenda. Noi occidentali affidiamo al mondo della fiction il compito di soddisfare quella parte della mente che si nutre di simboli, di archetipi, di meraviglie, di sorprese, di invenzioni oniriche. Il segmento di vita trascorso da ciascuno in uno stato di allucinazione ad occhi aperti riesce in qualche misura a bilanciare la pressione di un massiccio inquadramento globale delle menti e dei sensi in un universo logico-sequenziale e lineare. Che cosa ha prodotto questa schizofrenia di massa? Dagli studi di McLuhan, di Ong, di Goody e soprattutto della Elizabeth Eisenstein si ricava che la causa è stata ed è la rivoluzione silenziosa della stampa: le caratteristiche logico-sequenziali, lineari e stereotipe della stampa (e di tutte le sue trasformazioni tecnologiche, compresi i database e l'Internet) hanno prodotto un tipo umano che automaticamente concepisce e decodifica il proprio ambiente seguendo criteri logico-sequenziali e lineari, ma concedendo alla parte "notturna" della sua psiche la valvola di sfogo offerta dalla cultura visiva e dalla fiction. Insomma, il cliché è la nostra polizza di assicurazione sulla vita. 

Se non che l'Occidente si scontra con una mentalità che si colloca su un piano diametralmente opposto. Il milieu islamico, a vari gradi, è infatti ancora immerso nell'oralità primaria mista a vari gradi di assimilazione delle procedure chirografiche. E certo, i paesi islamici hanno conosciuto e conoscono la stampa, ma essa quantunque nata in Oriente e importata probabilmente dalla Turchia, è penetrata nell'area delle nazioni islamiche in ritardo, né essa a tutt'oggi svolge il ruolo che possiede nel resto del mondo. La rigida ortodossia islamica afferma che esiste solo e soltanto un libro: il Corano. Ogni altro prodotto della mente umana non può che essere commento agli insegnamenti del Profeta. Nel peggiore dei casi un libro può essere considerato blasfemo al punto da decretare la messa a morte del suo autore. Di più. La lettura del Corano è in realtà una recitazione ad alta voce. Conoscere il Corano significa in realtà impararlo a memoria, e nella lingua in cui è stato scritto. Il che collega ancor di più il suo contenuto al mondo di suoni che lo esprime.

In questo tipo di economia noetica, com'è noto, tutto ciò che è simbolico assume un'importanza, una forza di impatto immensa. Nell'economia orale tutto è simbolo, e il simbolo ha un'efficacia pratica, quasi magica, sulla realtà. Non si verifica dunque la tipica scissione che invece si riscontra in Occidente. Culture orali siffatte hanno anche meno bisogno di apparati iconografici così stratificati e complessi come quelli prodotti in Occidente o nell'Oriente occidentalizzato. Da qui la spensierata distruzione delle gigantesche statue di Buddha che qualche tempo fa fecero inorridire il nostro mondo, lasciando, com'è ovvio, completamente indifferenti quei popoli che in fondo valutano quelle opere d'arte alla stregua di pezzi di pietra, di manufatti come altri, sia pure elaborati e antichi. E tuttavia, questi stessi popoli sono molto più attrezzati nel riconoscere la qualità e il potere d'azione dei simboli. La distruzione delle statue fu un'azione simbolica, e la distruzione delle Torri gemelle e di parte del Pentagono sono potentissime azioni simboliche, ma reali, non virtuali. 

E a proposito, un'ultima notazione. Perché il fallimento dei servizi segreti? Ma è ovvio, Holmes! In un'economia simbolica orale le informazioni importanti sono scambiate oralmente, sono sussurrate all'orecchio. E così, addio Echelon, addio superattrezzature elettroniche e satelliti spia. Si torna ai segnali di fumo. 


14 settembre 2001