Al tappeto servizi segreti da rifondare

Nonostante i miliardi di dollari spesi ogni anno per il budget di Cia, Fbi e Nsa, un nutrito gruppo di terroristi ha potuto infiltrarsi negli Stati Uniti, ha pianificato meticolosamente l'operazione mantenendo i contatti con la casa-madre, magari ha preso lezioni di volo: senza che i servizi segreti americani si accorgessero praticamente di nulla. E gli elementi che dovevano spingere a rafforzare la vigilanza c'erano tutti: dalle azioni già portate a segno da Osama bin Laden (già le Twin Towers nel 1993, la base americana di Dharan in Arabia Saudita nel 1996, le ambasciate Usa a Nairobi e Dar es Salaam, l'incrociatore Cole ad Aden lo scorso anno) alle sue per niente velate minacce di colpire il territorio degli Stati Uniti, dall'esplosione della seconda intifada in Palestina al moltiplicarsi di un diffuso sentimento anti-americano nel mondo (estremisti mediorientali, ma anche movimento globalofobo).

Già lo scorso febbraio, ad un convegno organizzato a Priverno (in provincia di Latina) dal CeAs sull'intelligence nel XXI secolo, che ha riunito alcuni tra i migliori specialisti di tutto il mondo, le minacce di bin Laden venivano prese sul serio: sia per il suo fanatismo omicida, sia per il funzionamento poco incoraggiante dei servizi Usa, soprattutto dell'antiterrorismo. Le maggiori aporie evidenziate sono essenzialmente due: una di ordine culturale-startegico che riguarda gli obiettivi, l'altra di carattere organizzativo-strutturale che riguarda il funzionamento. Dopo la fine della Guerra Fredda, infatti, gli Stati Uniti hanno iniziato un ripensamento generale delle loro esigenze di sicurezza, cercando di anticipare le minacce del futuro per prendere in tempo le opportune contromisure. Si sono concentrati sulle armi di distruzione di massa (biologiche, chimiche e nucleari) spedite anche sul suolo americano con vettori ad alta percorrenza, hanno preparato i piani e cominciato a sperimentare un sistema di difesa-antimissilistica (la Nmd, o scudo stellare), hanno maturato un vera e propria ossessione per le guerre informatiche (hackers e cyberterroristi), hanno risposto con sistemi di intercettazione elettronica su scala globale (Echelon): ma hanno, così facendo, perso del tutto il contatto con la realtà.

Il malumore espresso a Priverno era pressoché unanime: mentre i sistemi elettronici sono forse sovradimensionati, la Humint, l'intelligence degli infiltrati e delle operazioni sotto copertura più rischiose ma infinitamente più proficue, viene drammaticamente abbandonata. Più recentemente, nel mese di luglio, un articolo su Atlantic Monthly dell'ex agente Cia Reuel Marc Gerecht ha polemicamente denunciato la tragicomica inadeguatezza della Humint americana, incapace neanche di capire, figurarsi di combattere a dovere, l'organizzazione al Qaida di Osama bin Laden. Ma con un solo uomo a Beirut, che parla a malapena il francese e non conosce l'arabo, cosa si può pretendere? E con che coraggio, dopo le migliaia di morti sepolti sotto montagne di macerie a New York, l'Fbi lancia allarmi contro possibili guerre elettroniche nel cyberspazio?

La seconda causa dello stato di confusione in cui versano i servizi segreti americani, evidenziata con maggior forza e passione da Robert Steele dell'Open Source Solutions, procede nella direzione opposta: l'incapacita di ripensare il modello organizzativo dell'intelligence. Il mondo è effettivamente cambiato, ma l'architettura complessiva ancora risente dell'impostazione centralizzata contro l'Unione Sovietica, mancando totalmente di flessibilità; la rivoluzione delle fonti aperte, dell'open source, è rimasta quasi del tutto ignorata; l'Fbi, la Cia e la Nsa invece di cooperare sono in competizione tra loro per ottenere maggiori fondi; gli errori non vengono analizzati a dovere e non portano alle necessarie correzioni. In effetti, se i servizi sono stati decisamente abili nell'individuare i presunti responsabili, ciò significa che la loro attività veniva attentamente monitorata: ma le informazioni disponibili, purtroppo, non sono state utilizzate in modo adeguato.

Osama bin Laden, insomma, è stato abilissimo a sfruttare l'occasione, ad inserirsi nelle maglie troppo allargate che ha facilmente individuato, ha inscenato una beffa in stile dannunziano: si fantasticava di un attacco ad alto potenziale tecnologico, mentre i terroristi hanno usato coltelli per il dirottamento, corrieri per consegnare ordini e soldi, disinformazione per ingannare i satelliti poco intelligenti. Direbbe D'Annunzio: "Osare l'inosabile". (g. man)

14 settembre 2001

giuse.mancini@libero.it


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