Il mondo degli Hobbit dall’A alla Z
di Marco Respinti
Quello che nel dicembre scorso è finalmente uscito in Gran Betagna
per i tipi editoriali della Azure di Londra - “Tolkien and the
Lord of the Rings: A Guide to Middle-earth” - è davvero un libro
su Tolkien come ce ne sono altri. Nulla di nuovo su questo fronte.
Già letto. E allora? E allora il bello è proprio qui, per almeno
tre motivi. Il primo è che, evidentemente, “repetita iuvant”. Il
secondo è che se anche Duriez scrive certe cose su Tolkien senza
copiare pedissequamente altri critici e interpreti, ma usandoli
sapientemente, significa che quelle certe cose sono proprio vere.
Il terzo è che, seppur abbondantemente circolanti nella
letteratura specializzata di lingua inglese, certe tematiche in
Tolkien sono davvero poco affrontate in quel poco di critica che
esiste in lingua italiana (originale o tradotta). Apologia debole?
Non credo proprio. Soprattutto perché il contenuto è forte, anzi
fortissimo.
Ritengo, infatti, che sia davvero poco utile ripetere, a mo’ di
catalogo, quanto Tolkien ha già brillantemente detto di se stesso.
Che Tolkien fosse un cattolico, anzi un gran cattolico, e che la
sua narrativa rifletta, e addirittura arda, di questa dimensione è
vero, e oramai un po’ tutti lo sanno (anche quelli che non lo
dicono). Un ennesimo libro per dire che Tolkien era un tale così
sarebbe davvero poco interessante: basta, infatti, leggere bene le
sue opere (tutte), poi il suo epistolario “La realtà in
trasparenza. Lettere 1914-1973” (trad. it. condotta da Cristina De
Grandis di “The Letters of J.R.R. Tolkien”, a cura di Humphrey
Carpenter, assistito da Christopher Tolkien, 1981 - pubblicato da
Rusconi nel 1990) e poi dare una ripassatina alla bella biografia
di Humphrey Carpenter, “Vita di J.R.R. Tolkien” (trad. it.
condotta da Paolo Pugni e Franca Malagò, con introduzione di
Gianfranco De Turris, di J.R.R. Tolkien: A Biography, 1977, Ares,
Milano 1991).
Diverso è invece se la personalità e l’opera di Tolkien le si
fanno finalmente parlare, anche oltre (non contro) quanto già da
lui egregiamente detto. Duriez ci prova (se ci è riuscito
giudicatelo voi…) e così si cimenta con una serie di tematiche e
di motivi che dall’opera tolkieniana vale davvero la pena
enuclare. Cattolico? Certo. Ma che profondamente evangelica fosse
la sua concezione del mito, del rapporto fra mito e storia,
addirittura dell’immaginazione è una dimensione che occorre
sottolineare. Duriez - un autore che da tempo studia
approfonditamente le personalità e le opere di Clive Staples
Lewis, di Tolkien e in generale degl’Inklings - lo fa, e i
risultati sono, a mio avviso, importanti: soprattutto perché non
pretendono di chiudere definitivamente queste prospettive.
Un Tolkien discusso e problematizzato è un Tolkien in più. Che si
potesse addirittura parlare di “teologia del racconto” e
d’immaginazione come strumento della verità, quindi di realismo,
costituisce un contributo critico importante che si pone ben al di
là di certi commenti sin troppo didascalici. Forse che sia la
volta buona per cominciare a considerare Tolkien un grande autore
del secolo XX? Non ho intenzione di tediare oltremodo il paziente
lettore, ma l’occasione che mi viene qui offerta è troppo ghiotta,
e allora qualche sassolino dalla scarpa voglio pur togliermelo. Se
Tolkien potesse finalmente essere riconosciuto come un grande
della letteratura novecentesca, non sarebbe allora davvero giunto
il momento per trattarlo come è giusto e come egli merita a
cominciare dalla traduzione delle sue opere? Cioè da una
traduzione linguistica fedele il più possibile allo spirito
dell’autore e soprattutto completa? Traducendo dall’inglese in
italiano, comincio a sospettare che la cosa migliore sia sempre
leggere direttamente in lingua i propri autori preferiti; ma se
proprio di traduzione si vuol colpire, almeno si cerchi di non
morirne.
Le traduzioni italiane sono colme di lacune e di buchi; non si
armonizzano affatto le une con le altre (e i risultati sono
tragicomici); e ignorano completamente ben dieci volumi (qualche
migliaio di pagine…) della “History of Middle-earth”, curata da
Christopher Tolkien fra il 1982 e il 1996. Non manca chi ritiene
quest’ultimo sforzo editoriale una furbesca trovata per vivere di
rendita alle spalle di un mito: il sottoscritto è dell’opinione
esattamente contraria e ringrazia il figlio del grande filologo
per avergli dato la possibilità di leggere versioni stupende di
racconti noti sotto altra forma e inediti straordinari, per così
sognare a occhi aperti sulla realtà fattuale che, in maniera
bellissima, viene evocata attraverso la potenza immaginativa che
ha saputo creare il viaggio di Ælfwine-Alboino e le “carte” del
misterioso “The Notion Club”. In italiano forse queste opere non
le avremo mai. Ma, date retta a me, se così fosse, sarebbe davvero
una grande perdita per tutti coloro che non riusciranno mai a
leggersele nell’originale.
11 gennaio 2002
m_respinti@hotmail.com
Di prossima pubblicazione:
Colin Duriez, Tolkien e il Signore degli Anelli. Guida alla Terra
di Mezzo, Edizione italiana a cura di Marco Respinti, Gribaudi
Editore, Milano.
|