J. R. R. Tolkien, la toga e l’erba pipa
di Paolo Paron
Era nato in Sud Africa nel lontano 1892, fece ben presto ritorno
in Inghilterra con la madre ed il fratellino. Il babbo invece morì
in quella lontana terra, pochi mesi dopo la loro partenza, senza
riuscire a raggiungerli. Con grandi sacrifici la madre riuscì per
qualche anno ad allevarli entrambi, conobbero il collegio e la
solitudine. Anche lei, in un grigio giorno inglese, li lasciò soli
in questo mondo, affidandoli alle cure di Padre Francis. Cattolici
in un paese protestante crebbero, pur non senza difficoltà e
trovarono una propria strada da seguire. John Ronald Reuel Tolkien
fin da bambino provò sempre un grande piacere nello scrivere
storie e racconti, crebbe approfondendo e coltivando questa sua
passione. I suoi studi gli servirono per conoscere in modo ancora
più profondo le lingue, le parlate, gli idiomi di tutta Europa.
Professore di filologia germanica ad Oxford, teneva affollate
lezioni declamando in antico norreno ed instillando nei giovani il
suo amore per il mondo delle tradizioni. Fu un profondo
conoscitore della mitologia europea e da questo suo amore un
giorno nacque l'ispirazione.
A questo giunse dopo tutta un'esistenza dedicata a creare
linguaggi, ad inventare terre e popoli con miti e storie di grande
fascino. Combatté nella prima guerra mondiale e, tornato dai
pantani e dalle trincee del continente, sposò il suo grande amore:
Edith, che lo accompagnò poi per tutta la sua esistenza. Ebbe
quattro figli e quando ancora non era lo scrittore affermato che
fu a partire dalla seconda metà del secolo scorso, già scriveva
racconti e narrava storie create, ideate per la sua giovane
discendenza. Ancora oggi si leggono le Lettere di Babbo Natale che
ogni anno egli faceva recapitare a casa sua, inventandosi persino
il francobollo del Polo Nord e dove raccontava le avventure e le
vicissitudini del tanto amato Babbo grasso e pacioccone dalla
lunga barba bianca. Raccontava gli scherzi degli Elfi e i danni
causati dalla goffaggine dell'Orso Polare e per tanti, lunghi anni
(fino a quando i suoi figli ebbero l'età per amare questo gioco)
non ha mancato un appuntamento. Ha sempre detestato la società
industrializzata, le grandi e grigie fabbriche, il maglio
meccanico e le possenti acciaierie che oscuravano il cielo con i
loro fumi e minacciavano le nubi con le loro ciminiere, come
adunche dita ammonitrici. Per lui tutto questo ha sempre
rappresentato il simbolo di un potere maligno, che nasce dalla
volontà di possesso ed allontana l'uomo dalla sensibilità,
dall'amore, dalla creatività.
Il suo amore andava tutto ai grandi, poderosi, rugosi alberi, che
avevano visto secoli di storia e dalle loro chiome sapevano
stillare saggezza e serenità. Seppe narrare il grande incanto
della Terra di Mezzo, dove umani, nani, elfi ed orchi si sono
scontrati, sono morti, hanno costruito e visto infrangersi i sogni
di tutto un mondo. Era un sub-creatore di mondi, che sapeva
raccontare della nostra vita e delle nostre aspirazioni, degli
ideali e delle bassezze di un mondo moderno in cui riconoscersi e
con cui misurarsi, ma soprattutto da combattere e vincere. Da una
mitologia per l'Inghilterra (questo era il suo progetto iniziale)
seppe trovare l'ispirazione per creare un nuovo mito per il
Ventesimo secolo e milioni di giovani ancora oggi sognano, amano e
soffrono pensando agli eroi creati intorno alla malignità di un
magico, Unico Anello. John Ronald Reuel Tolkien si spense nel
1973, due anni dopo la sua amata Edith e sulle due lapidi ha fatto
scrivere solo Beren e Luthien (due splendidi personaggi di un suo
racconto), perché egli ormai, mano nella mano con lei, è entrato
nella Terra di Mezzo e come un grande eroe della Terza Era ha
sicuramente raggiunto le Terre Imperiture dove, per la gioia di
dei ed elfi, canta le antiche gesta dei prodi guerrieri di un
mondo sempre vivo nel cuore dell'Uomo.
11 gennaio 2002
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