Tutti pazzi per il professore di Oxford
di Luciano Lanna
Questa volta sarà il film a dare il là. E la “Tolkien revival”
conoscerà così una sua terza stagione, dopo il successo nel mondo
anglosassone negli anni Cinquanta-Sessanta e quello italiano della
fine degli anni Settanta. “Il Signore degli Anelli” arrivò infatti
molto tardi nel nostro paese: era il 1970 e fu Alfredo Cattabiani,
all’epoca direttore editoriale della Rusconi, e scommettere sulle
sue capacità di fascinazione e a presentarlo al pubblico con una
dotta introduzione di Elemire Zolla. Per lanciarlo venne aggiunta
anche una fascetta editoriale che presentava il libro come “la
Bibbia degli hippies”.
Dovette passare qualche anno e, alla fine del 1978, il capolavoro
tolkieniano salirà in testa alla classifica delle vendite di
narrativa, contemporaneamente alla pubblicazione di quasi tutti
gli altri libri tolkieniani: “Lo Hobbit”, “Le avventure di Tom
Bombadil”, “Il Silmarillion”, “Albero e foglia”. Un successo
costante che non verrà mai meno. Nel 1979, con l’uscita del film a
cartoni animati di Ralph Bakshi, l’universo della Terra di Mezzo,
diventerà sempre più familiare. Con decine di migliaia di copie
dei suoi volumi diffuse in Italia - milioni nel mondo intero -,
Tolkien si è affermato in breve tempo come un vero e proprio caso.
All’inizio del 2000, “Il Signore degli Anelli”, è stato
considerato “il libro del Novecento”: più diffuso, letto e venduto
di altri classici. La sua crescente popolarità ad ogni livello non
nasconde però il segreto della sua affermazione iniziale: letto,
studiato, copiato, trasformato in giochi, gadget, musica, venerato
dai più diversi e inquieti universi giovanili, lo scrittore di
Oxford reca su di sé il sapore di una cultura irregolare e non
allineata.
Recentemente il premier britannico Tony Blair ha confessato che il
capolavoro tolkieniano è stato il suo vero libro di formazione.
Allo stesso modo, nei primi anni Ottanta nelle scuole e nelle
università italiane era possibile vedere quel tomone giallo
contemporaneamente nelle mani di studenti della sinistra
libertaria, di ciellini, di neo-destri o di aspiranti ecologisti.
Anzi: si potrebbe dire che forse proprio la mitologia tolkieniana
riuscì a trovare un linguaggio e una sensibilità comune per una
generazione costretta ad assurde ed anacronistiche chiusure da un
clima artefatto di forte contrapposizione politico-ideologica.
Tolkien come liberazione creativa e come fuoriuscita da mitologie
incapacitanti, dunque.
Alla vigilia del film dedicato a “La Compagnia dell’Anello”, primo
episodio della trilogia tolkieniana, crediamo che sarebbe davvero
difficile compiere un inventario definitivo delle chiavi di
lettura del fantastico universo creato dalla penna di John Ronald
Reuel Tolkien. Avventura pura, sogno, viaggio iniziatico,
allegoria, satira, ricerca di radici culturali, pura dimensione
ludica, riscoperta della dimensione creativa contro un
mondo ridotto al solo produttivismo dal pensiero utilitarista
sempre più diffuso nella postmodernità? Lasciamo agli spettatori
(del film) e alla nuova generazione di lettori giudicare. Una cosa
ci preme sottolinearla: non crediamo che Tolkien possa essere
accusato di qualsiasi ideologia, tantomeno di nostalgie
reazionarie o di “utopie regressive”, soprattutto perché non
crediamo che sia vietato prospettare alternative a scenari sociali
spersonalizzanti e alienanti, tanto lontani dalle affascinanti
“comunità libertarie” della Contea o dei regni degli Elfi.
Proprio per questo, lasciamo, infine, parlare Tolkien, auspicando
che il suo vero spirito pervada la tolkienmania che torna. “In
verità – scriveva lo scrittore britannico – io sono un Hobbit in
tutti i sensi. Amo i giardini, gli alberi e i campi, quando non
sono meccanizzati. Fumo la pipa e amo la cucina semplice e buona
(cioè non refrigerata), ma detesto la gastronomia francese. Mi
piace indossare, anche in questi tempi di grigiume, dei gilets,
per puro piacere. Adoro gli champignons. Ho un senso assai
semplice dell’umorismo (che anche i miei entusiasti critici
trovano noioso). Mi corico tardi e mi alzo tardi (quando mi è
possibile) Non viaggio molto”. Almeno per quanto ci riguarda… era
uno dei nostri. Evviva, allora, la “tolkienian way of life”!
11 gennaio 2002
lucianolanna@hotmail.com
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