Il Signore degli Anelli, una suggestione
infinita
di Barbara Mennitti
"Tre anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende".
Con questi versi inizia il Signore degli Anellli e questi versi
già bastano agli innamorati di Tolkien per far scomparire tutto
quello che li circonda e portarli in volo nella Terra di Mezzo.
Perché per tutti quelli che lo hanno letto, il Signore degli
Anelli non è un bel libro e non è nemmeno, o non solo, una grande
opera di letteratura, ma è qualcosa che gli resterà per sempre
dentro. Una suggestione infinita, una sensazione latente, come
quelle che al mattino ci lasciano addosso i sogni particolarmente
toccanti, un sottile brivido sulla pelle, una dolce nostalgia di
qualcosa di indefinito.
Un critico letterario inglese ha scritto acutamente che "il mondo
anglofono si divide fra quelli che hanno letto Il Signore degli
Anelli e Lo Hobbit e quelli che li leggeranno". E se ai secondi -
quelli che lo leggeranno - questa potrà sembrare una frase ad
effetto, i primi sanno benissimo che non è così, che la lettura di
quel libro equivale in qualche modo ad una esperienza fondamentale
della loro crescita. Leggere il Signore degli Anelli non è come
leggere un qualsiasi altro libro, anche bello o grandioso. Quando
i vostri occhi iniziano a scorrere sulle parole di Tolkien,
sprofondate in un mondo atavico, favoloso, eroico e mitologico e
sarete lì con tutti i vostri sensi, senza razionalità, persi nelle
nebbie di Mordor, terrorizzati e incalzati dai Cavalieri Neri,
storditi dalla magia di Lady Galadriel, eroici nella battaglia
finale alle porte di Minas Tirith. E forse è proprio questo che
rende questo libro così speciale e unico, così diverso da ogni
altro: il fatto che si legge con i sensi. Le parole passano
velocemente per il cervello e diventano sensazione.
La storia del Signore degli Anelli è una classica lotta del bene
contro il male, un tema letteralmente vecchio come il mondo che
sollecita i nostri istinti più primoridali. L'hobbit Frodo viene a
trovarsi in possesso dell'Anello dominante (per sapere come vi
rimandiamo alla lettura di Lo Hobbit), il più importante di tutti
gli anelli, forgiato da Sauron (l'oscuro signore del male) nei
tempi che furono per soggiogare gli Elfi, creatori di anelli
magici. Si tratta di un anello malvagio e pericoloso, che esercita
una forza perversa e soggiogatrice su chi gli sta vicino,
scatenando brama di potere. E il signore del male è intenzionato a
riprenderselo. Dietro consiglio del mago Gandalf, Frodo e altri
tre hobbit intraprendono un difficoltoso viaggio verso la città di
Gran Burrone, dove un consiglio presieduto da Elrond Mezzoelfo,
maestro di sapienza nella Terra di Mezzo, decide che l'anello deve
essere gettato nella Voragine del Fato, sul monte Orodruin, nel
bel mezzo della Terra di Mordor, il regno di Sauron. Distruggere
l'Anello è l'unico modo per allontanare il male.
Si forma, così, la Compagnia dell'Anello che intraprenderà il
lungo e pericoloso viaggio verso la terra di Mordor. La compongono
rappresentanti di tutti gli abitanti della Terra di mezzo: i
quattro hobbit, Frodo, il suo fedele servo Sam, Merry e Pipino, il
mago Gandalf il Grigio, l'enigmatico Aragorn e Boromir di Gondor
della gente alta (gli uomini), l'elfo Legolas e il nano Gimli. I
nove, tutti insieme e poi separatamente, andranno incontro alle
più svariate avventure, muovendosi in un mondo mitologico, che si
richiama per lo più dalla tradizione scandinava, dove, come è
stato scritto, "c'è qualcosa che trascende la fantasia: è quel
quid che si riscontra nei miti e nelle leggende popolari
autentiche, un non so che che è stato generato da quelle credenze
e tradizioni che formano lo scheletro dell'antico folclore". Un
mondo che risveglia sentimenti innati, primordiali ed in parte
inconsci, comuni a tutti gli uomini.
Non vi diremo come va a finire. Vi diremo, però, che assisterete
alla più spettacolare battaglia che sia mai stata narrata, che
conoscerete personaggi che vi faranno innamorare e vi toglieranno
il sonno, che quando avrete letto l'ultima pagina chiuderete gli
occhi e continuerete a sognare. Concludiamo dicendo che molte, se
non addirittura troppe, sono le letture politiche che si sono date
a questo libro. Noi preferiamo considerarlo la più grande favola
epica che sia mai stata scritta, fidandoci di J. R. R. Tolkien
che, nella premessa alla seconda edizione, scrive: "Per quanto
riguarda significati o messaggi reconditi, nell'intenzioni
dell'autore non ve ne è nessuno".
11 gennaio 2002
bamennitti@ideazione.com
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