San Francesco
di Franco Cardini

Chi è stato, chi è, Francesco d'Assisi? Quello del Papa che l'ha voluto santo appena due anni dopo il suo transito, quello di Giotto che l'ha interpretato secondo i canoni di San Bonaventura, quello del protestante Sabatier che lo indicava come un precursore della Riforma, quello dei socialisti dell'Ottocento che lo volevano uno di loro, quello di Mussolini (che del resto era, e non ha mai cessato di essere, appunto, un socialista dell'Ottocento) che lo ha proclamato "il più santo degli italiani - il più italiano dei santi", quello degli storici e dei filologi dei giorni d'oggi che hanno trasformato la francescanistica in una mega-disciplina interdisciplinare? O quello di Gandhi che lo ammirava, o quello dei Figli dei fiori e dei pacifisti di tutte le stagioni, o quello di Rossellini, o di Pasolini-Totò (che io preferisco), o di Zeffirelli, o della Cavani, o di Dario Fo, o di Chiara Frugoni? O delle più recenti versioni cine-televisive? Non piacere a nessuno è una bella fregatura. Piacere a tutti è ancora peggio. Vuol dire che c'è qualcosa che non funziona, un equivoco, un errore. Piacciono a tutti quelli che, in fondo, possono esser tirati da tutte le parti. Quelli che non fanno male a nessuno, che parlano con i fiori e con gli uccellini, che vanno d'accordo anche col lupo e col sultano. Un accidente. Francesco non è così. Non lo è mai stato. Francesco era un uomo duro, è un santo scomodo.

E per piacere, non balocchiamoci con le sciocchezzuole che ormai non scandalizzerebbero più nemmeno mia zia. Un Francesco "alternativo" rispetto al santino da immaginetta sacra che va ancora - avete voglia di dire e di fare - per la maggiore. Uno che predicava come un giullare, che cantava canzoni d'amore, che in realtà era un goloso (e se lo rimproverava spesso: e in fin di vita chiese di poter mangiare ancora un dolcetto...). Che diceva le parolacce, che da giovane aveva fatto sia l'amore, sia la guerra. Sai la novità. Un piccolo sforzo in più, e si potrebbe trovar ben altro. Ad esempio il Francesco che molla tutto, si spoglia e se ne va lasciando il vecchio padre in lacrime, spezzando il cuore alla madre; uno che poi predica nudo nella sua città natale, facendo vergognare chi gli vuol bene: ma è ancora poco, perché nel Medioevo la nudità scandalizzava meno di adesso. O che minacciava i suoi frati che non filavan dritto di farli picchiare da un nerboruto confratello. O che si sentiva tanto attratto dalle donne da doversi buttar d'inverno nella neve e rotolarvisi per far tacere la voce del sangue e costringerlo a ritirarsi dai corpi cavernosi (che quello era il punto, carissimi).

Ci viene spesso presentato anche un Francesco che nella sostanza è contro la Chiesa, che ne era insoddisfatto, che combatteva la gerarchia e la disciplina. Anche lì, alla faccia del coraggio. Che il modo di esser cristiani del suo tempo gli andasse stretto, è poco ma sicuro. Farne un nemico della Chiesa, un filoeretico più o meno implicito, è però impossibile: chi lo fa non solo sforza e falsa le fonti, ma dimostra soprattutto di non aver capito nulla di lui. Fu, semmai, proprio la sua fedeltà alla Chiesa una delle cose che lo fecero soffrire di più. Se ci si prendesse la briga di leggere con un po' di attenzione e di prender sul serio le poche cose che ci ha lasciato scritte, si scoprirebbe un cristiano di assoluta ortodossia, un innamorato della Chiesa e dei sacramenti. Francesco filoeretico? Se ci s'informasse meglio su che cos'era davvero l'eresia principale del suo tempo, quella nihilista religio mortis che era il catarismo odiatore della vita, che vedeva la bellezza del creato come una tetra prigione dello Spirito, ci si renderebbe conto che tutto il Cantico delle Creature - forse la più bella poesia che sia mai stata scritta in tutti i tempi - è anche una splendida predica anti-catara.

Un santo pacifico e pacifista? Da giovane, la sua massima aspirazione era fare il cavaliere. E i cavalieri erano a modo loro - quando lo erano - dei cristiani esemplari. Però ammazzavano. E' vero, si è convertito: e quando è partito per le crociate, lo ha fatto per rifiutare la violenza. Senza dubbio. Non avrebbe potuto combattere nemmeno se avesse voluto: il diritto canonico lo vietava. Era contro le crociate, predicò ai crociati contro la guerra? Ma come si fa a dire di queste sciocchezze? Mi dispiace che le abbia dette anche il grande Ernesto Buonaiuti, che ammiro: Francesco, a Damietta, non predicò per nulla ai crociati di gettare le armi. Chissà, magari avrebbe avuto una gran voglia di farlo, ma il farlo avrebbe significato andar contro la disciplina ecclesiale e la volontà del pontefice: e avrebbe vanificato la sua dura e coerente scelta di vita. No. Francesco si limitò a scongiurare i crociati di non prender le armi quel giorno, perché aveva ricevuto la rivelazione che la battaglia sarebbe andata male per loro. Perché Francesco riceveva anche delle rivelazioni: che credete, che ce l'abbia solo Baget Bozzo? Se Francesco avesse voluto predicare contro la crociata, avrebbe detto ai combattenti cristiani: buttate via le armi, andatevene, oppure fraternizzate con gli infedeli. E sarebbe stato un povero cristianuccio eretico qualunque. E non lo era. Era Francesco d'Assisi, l'uomo più grande che sia mai nato al mondo dopo Gesù di Nazaret, era colui che ha sconvolto e rifondato il nostro modo d'esser cristiani.

Francesco insegnò ai crociati che gettar le armi e far la pace (intesa come assenza di guerra) è facile. Il difficile è amare anche il nemico, amarlo perfino quando lo si uccide perché bisogna ucciderlo. Volle parlare col sultano, ch'era un grande e generoso sovrano amico del suo imperatore, Federico II. Di che cosa parlarono insieme, naturalmente tramite interprete (ma forse al-Malik al-Kamil un po' d'italiano lo conosceva: aveva tanti amici fra i mercanti e fra gli ambasciatori genovesi, pisani, veneziani...)? Certo di Dio, di Lui clemente e misericordioso, di quel che unisce anziché dividere i credenti. E forse fu anche grazie a quell'incontro che il sultano, già vincitore, decise di non stravincere, di non annientare i crociati. Francesco li amava, i musulmani: li conosceva poco, ma era entrato in contatto con la loro immagine attraverso le canzoni di gesta e i romanzi cavallereschi, che li descrivono idolatri e adoratori del demonio, ma anche saggi, generosi, coraggiosi. Come i lupi, che gli erano simpatici: e ai suoi che andavano in terra d'Islam, egli ingiungeva di esser come agnelli tra i lupi, di non chieder nulla, di star soggetti a tutti ma di testimoniare l'amore per Gesù Cristo.

Insisto sulla necessità d'una lettura storicamente corretta di Francesco non perché intenda negargli un respiro universale, che va al di là dei limiti del tempo in cui visse - al contrario, sono convinto che ce l'abbia -, ma per invitare a non cedere alle tentazioni dell'attualizzazione e della strumentalizzazione. Un santo è un modello e può esserlo anche a livello metafisico: ma quel che ha detto e fatto, lo ha detto e fatto nella storia, cioè in un momento e in un contesto precisi che non possono essere distorti per adattarsi acriticamente a qualunque situazione e a qualunque tempo o strumentalmente a un tempo differente dal suo. Da un secolo a questa parte, lo si è fin troppo usato e tradito. Francesco sta simpatico a tutti, piace a tutti: il che significa - dal momento che era, al contrario, un uomo difficile e per nulla accomodante - che troppo spesso si fraintende. Sul piano storico del suo tempo, fu uno sconfitto. La sua proposta cristiana era fondata sulla rinunzia a qualunque forma di potere: alla potenza politica e militare, al danaro, al sapere, che sono tutte forme di potere. Non è che egli condannasse queste cose: se lo avesse fatto sarebbe stato il solito noioso cristianuccio di sinistra, mentre invece era Francesco d'Assisi. Quella era, semplicemente, la sua via: da chi lo seguiva, egli pretendeva fedeltà assoluta nei confronti di essa. Gli altri, potevano fare altrimenti e santificarsi lo stesso. Si può essere anche potenti, ricchi, sapienti e nonostante tutto buoni cristiani: è dura, ma capita. Però francescani, no. Si è seguaci di Francesco solo se si segue la sua via, il suo modello.

Ma la generazione dei suoi seguaci che vennero immediatamente dopo di lui, pochi anni dopo il suo transito, era al vertice della Chiesa: cardinali, vescovi, professori universitari, predicatori, inquisitori. Egli aveva rifiutato ogni ricchezza, ogni avere: ma l'Ordine, senza possedere nulla, si sarebbe rivelato nei secoli anche un formidabile gestore di capitali; i predicatori e i teologi francescani hanno potentemente contribuito alla genesi del capitalismo moderno. Francesco si trascinava il mondo dietro, ma questa sua forza era regolarmente usata da altri, magari per fini diversi da quelli che egli avrebbe desiderato. I francescani divennero gestori di capitali, grandi filosofi, consiglieri di prìncipi. Una storia gloriosa, della quale come cattolico amico dell'Ordine dei Minori io vado fiero. Ma non era questo che Francesco avrebbe voluto. Non lo contrastò, per obbedienza. Ma fu la sua croce.

E oggi, lo si può ancora seguire e imitare? Sul piano fenomenologico, no certamente. Il suo è un messaggio adatto al XIII secolo e ai suoi problemi. Si possono, certo, imitare certi suoi atti isolati: mutando però il contesto, essi apparirebbero del tutto privi di significato. Il suo cantare di fede adattando canzoni profane somiglia solo esternamente al Jesus Christ Superstar, per tacer di padre Cionfoli e dello Zecchino d'Oro; il suo predicare agli uccelli e ai lupi può ricordare solo esternamente il comportamento di un ecologista. Un Francesco rap o un Francesco verde sarebbero falsi esattamente come, qualche decennio fa, erano falsi il Francesco protestante, o quello socialista, o quello fascista.

La strada è un'altra: l'ha indicata anni fa, in un saggio bellissimo, Giovanni Miccoli. Il nucleo dell'esperienza francescana è farsi simile al Cristo povero e nudo. Da lì, non si scappa. Quello è il vero messaggio universale e meta-storico. Francesco seguiva quel modello, vivendolo come lo si poteva vivere ai primi del Duecento. Il punto è chiedersi se il Cristo-modello è, in quanto tale, valido ancora all'alba del Terzo millennio, e come lo si può seguire e imitare. Si sarebbe tentati di privilegiare l'amore per il prossimo come territorio per questa sequela Christi: è sufficiente? Francesco viveva in un mondo barbarico forse, ma ripieno di Dio: un mondo nel quale tutto si consacrava. Che cosa può dirci il suo esempio in un mondo segnato dalla desacralizzazione? Francesco rinunziava a se stesso: che cosa può indicarci il suo esempio in un mondo fatto di "individui assoluti" sempre più angosciati per esser tali ma sempre meno disposti a cessar di esserlo?

Francesco d'Assisi resta uno scandalo, una sfida. Ridurlo a un santino devozionale è grave. Farne un rivoluzionario ridicolo è più grave ancora. Nella società dell'avere e del consumare, del possesso e del profitto, la sua testimonianza tutta dalla parte dell'Essere risulta radicalmente inattuale: ed equivoca dunque l'ammirazione di cui lo si circonda: Il primo passo per riconquistarlo al nostro tempo, è disincantarne la durezza e la difficoltà del messaggio rinunziando a leggerlo tanto in una dolciastra chiave convenzionale, umanitario-pacifista-ecologista, quanto in una riduttiva chiave ribellistica. Francesco fu perfettamente padrone di sé e in piena libertà si mise al servizio del Cristo. È imitabile, in una società di etero-dipendenti? Forse sì. Ma solo al patto di prenderlo a modello di liberazione dagli idoli contemporanei dell'Avere, dell'Apparire e del Potere. Di seguire il suo radicalismo antimoderno. Allora sì che sarebbe un esempio rivoluzionario. Ma piacerebbe a voialtri, cristianucci destrorsi liberal-liberisti?


 

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