La saga dei Rocca
di Ludovico Incisa di Camerana
1834: un brigantino ligure sotto bandiera del regno di Sardegna
carica duecento tonnellate di grano duro di prima scelta in un
porto del Mar Nero Taganrog e le sbarca a Filadelfia negli Stati
Uniti. Se oggi l'America può vantare un tipo pregiato di grano da
semola, lo deve ad una famiglia di armatori e capitani di mare di
una cittadina ligure, Loano, proprietaria di trenta velieri che
fanno la spola tra i porti del Mar Nero e la costa atlantica degli
Stati Uniti: i Rocca. Più di un secolo e mezzo dopo la rivista
americana Forbes include nella global power élite, tra i duecento
o trecentocinquanta (secondo l'annata) uomini più ricchi e potenti
del mondo, Roberto Rocca (e famiglia) soltanto che non figura nel
settore dedicato all'Italia insieme a Berlusconi, Benetton, gli
Agnelli e Leonardo Del Vecchio, ma nella più ristretta pattuglia
dell'Argentina, anche se gli interessi del conglomerato di cui
Rocca è presidente, la Compagnia Tecnica Internazionale Techint,
non sono limitati all'Argentina, ma includono complessi
siderurgici come la Sidor in Venezuela, la Tamse in Messico, la
Dalmine in Italia, nonché il controllo del tredici per cento del
mercato mondiale dei tubi senza saldatura preferiti
nell'installazione dei gasdotti.
E' proprio la Dalmine a siglare in qualche modo la saga di questa
dinastia borghese, che rappresenta una delle, ormai sempre meno
numerose, multinazionali italiane. È una storia non lineare. Al
successo nella prima metà dell'Ottocento come compagnia di
navigazione, corrisponde una completa scomparsa: o per eccessivo
conservatorismo o per mancanza di capitali, i Rocca, fedeli alla
navigazione a vela, non riescono ad adattare la propria flotta
alla navigazione a vapore. Non resta per salvarsi che abbracciare
professioni tecniche. Uno di essi, ingegnere delle ferrovie, è
trasferito a Reggio Calabria. Perirà insieme alla moglie nel
terremoto che sconvolgerà nel 1908 Reggio e Messina. Uno dei
figli, Agostino, sarà ammesso all'Accademia militare d'artiglieria
e genio a Torino. Ne uscirà in tempo per partecipare alla prima
guerra mondiale, la finirà capitano con gli Arditi della I
Divisione d'assalto e decorato della medaglia d'argento al valore.
Lasciato l'esercito, si laurea in ingegneria al Politecnico di
Milano ed entra nella Dalmine. In pochi anni direttore dello
stabilimento, negli anni Trenta farà parte, come amministratore
delegato della Dalmine e dell'Ansaldo, di quella pattuglia di
tecnocrati che permetterà all'Italia di resistere alla crisi del
1929 e la doterà di un parco industriale moderno.Nel tragico
triennio 1943-1945, Agostino Rocca difende gli impianti delle sue
officine dalle depredazioni tedesche ed evita alle maestranze la
deportazione in Germania. Ciò nonostante non si salva dalle
persecuzioni e dall'epurazione. Prosciolto nel 1946 decide di
lasciare l'Italia. Accompagnato dal figlio, Roberto, che ha fatto
la guerra come ufficiale sommergibilista, e da una squadra di
tecnici capaci, ottiene in Argentina dal Governo Perón
l'aggiudicazione della costruzione di un gasdotto: lo farà con la
collaborazione della Dalmine e Dalmine Siderca si chiamerà il
primo impianto siderurgico del gruppo. La Techint diventerà
l'impresa più forte dell'Argentina anche nell'ingegneria civile e
nelle opere pubbliche.
Scomparso Agostino, Roberto Rocca, aiutato dai figli Agostino
(perito in un incidente aereo), Paolo e Gianfelice, amplierà
l'attività della Techint estendendola ad altri Paesi
latinoamericani e finalmente ritornando in forze in Italia. Grazie
ad una politica avveduta e prudente e soprattutto grazie ad un
personale scelto e motivato, la Techint verrà appena lambita dalle
periodiche crisi internazionali e locali. Imparata la lezione
della rovina della navigazione a vela, la famiglia Rocca è tra le
dinastie borghesi italiane quella che è meglio riuscita da un lato
a conciliare un fondo patriottico sentito con la lealtà e il
rispetto verso il Paese ospite, l'Argentina, dall'altro a
coniugare la semplicità di vita, il modo di essere reclusive, come
lo chiama Forbes, discreto e quasi puritano della tradizione
genovese con il dinamismo del mondo imprenditoriale lombardo a cui
è legata da parentele e da periodici soggiorni a Milano, uno dei
due quartieri generali della compagnia con Buenos Aires. In questo
senso essa è, forse, la famiglia che meglio incarna lo spirito
positivo di una globalizzazione all'italiana.
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