Oriana Fallaci
di Barbara Mennitti
La leggenda narra che Curzio Malaparte disse un giorno alla
giovane giornalista e amica Oriana che "l'Italia aspetta che i
figli che l'hanno resa grande muoiano, per riconoscerli e
finalmente celebrarli". Mai ammonimento fu più profetico. Oriana
Fallaci, la bambina che correva a Firenze sotto le bombe per
recapitare messaggi ai partigiani, innamorata di un padre che le
ha insegnato la dignità e la disciplina; la giovanissima
giornalista del Mattino dell'Italia Centrale che pedalava sulla
bicicletta più scassata di Firenze; la giovane inviata dell'
Europeo che scavava nei vizi e nelle virtù dei divi di Hollywood;
e poi l'inviata in tenuta militare a Saigon, dove le simpatie per
i vietcong la fecero diventare un'eroina della sinistra nostrana,
in Cambogia e a Beirut. Le sue interviste agli uomini più potenti
del pianeta hanno fatto il giro del mondo: più primadonna delle
primedonne, ebbe un'impressione sgradevole di Arafat, scagliò il
chador contro Khomeini, fu incantata da Golda Meir, fu
protagonista di un incidente diplomatico fra Indira Gandhi e Ali
Bhutto, litigò con Gheddafi e mise in serio imbarazzo Henry
Kissinger. Poi il silenzio, la lotta contro il cancro, il ritiro
nel suo appartamento a New York a fumare sigarette e scrivere
libri. Fino all'11 settembre, quando la sua rabbia è esplosa con
una veemenza alla quale non eravamo più abituati. E l'Italia è
tornata a dividersi: Oriana sì, Oriana no.
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