Italo Balbo
di Luciano Lanna

Un Saint-Exupéry italiano, meno poeta e più rivoluzionario, meno romantico e più futurista. Autore di leggendarie imprese aeronautiche, è stato celebrato come un condottiero rinascimentale nel secolo dei "temerari delle macchine volanti". Ed è stato uno dei pochi italiani - forse l'unico - a conquistarsi la grande arteria di una metropoli americana: la General Balbo Avenue di Chicago, a cui nessuno ha mai pensato di cambiare nome per "motivi politici". Ancora oggi, nel linguaggio aeronautico internazionale l'espressione "balbo" indica una formazione di volo: a tanto arrivò la fama di quell'impresa. Quel 1933, del resto, fu un anno davvero eccezionale per gli italiani: Primo Carnera conquistava il titolo mondiale dei pesi massimi, il Rex vinceva il nastro azzurro per la traversata dell'Atlantico, Beccalis stabiliva il nuovo primato mondiale di corsa sui 1500 metri… E in quell'anno i trasvolatori atlantici guidati da Italo Balbo e partiti dall'Italia arrivarono da trionfatori negli Stati Uniti. Si rompeva "l'isolamento americano": i due oceani che dividevano il nuovo continente dall'Europa e dall'Asia. Tutti i giornali a stelle e strisce resero grazie e festeggiarono l'eroe dell'aria che da italiano dimostrava agli Stati Uniti che era davvero possibile ipotizzare un futuro di voli aerei transcontinentali. Da quella lezione venne la spinta per gli studi e le sperimentazioni che porteranno poi ai voli regolari.

L'America poteva ricollegarsi alle sue radici d'Europa e una certa idea di Occidente prendeva piede contro qualsiasi regressione "continentale" e völkisch. Certo, è anche vero che Balbo vide l'America dall'alto come mai nessun italiano prima di lui. E che la sua idea dell'Italia era l'incarnazione dell'aeropittura futurista: una visione aerea, cosmopolita e multiculturale. Tanto che il sindaco di Chicago arrivò a proclamare l'Italo Balbo day e il quadrumviro ferrarese finì anche incoronato "capo dei Sioux", primo fascista amico dei pellerossa. Ma non fu solo questo Italo Balbo, l'uomo che in quegli anni Trenta aveva imposto - col suo "pizzo di ferro" - un modello anche estetico per via di una personalità non-conformista, fascinosa e sempre sulla barricata.

Nato a Ferrara nel 1896, mazziniano, repubblicano, poi giovane interventista nella Grande Guerra, fu uno degli artefici della conquista del potere da parte di Mussolini. Sarà ministro dell'Aeronautica e governatore della Libia. Si sentiva animato da un'idea risorgimentale della politica che trovava linfa nel volontarismo garibaldino e spingeva verso un destino euromediterraneo - ma decisamente occidentale - per l'Italia. Antirazzista come pochi, fu uno di quelli che nel 1938 si opposero sino allo stremo alle leggi razziali. E quando il Gran Consiglio le varò - nonostante la sua decisa opposizione - dopo un momento di forte amarezza e turbamento reagì a modo suo. Inizio a girare per la sua Ferrara a braccetto con i suoi amici ebrei, con i tanti ebrei "fascisti della prima ora". E chiese la protezione per gli ebrei di Libia, dove lui era governatore: "Fin dai tempi di Augusto - disse - goderono della protezione dei romani, si ritennero sempre protetti dall'Italia, fondarono scuole e diffusero la nostra lingua…". E venti giorni dopo l'entrata in vigore di quelle leggi, arrivò anche a chiedere la cittadinanza italiana per i "suoi" arabi. Era stata sua, del resto, l'idea di far consegnare a Mussolini la "spada dell'Islam". Come Saint-Ex, anche Balbo scomparve in volo. Quell'ultimo volo del 28 giugno 1940. Dirà di lui Arthur Laymore, comandante delle forze aeree britanniche in Medio Oriente: "Un grande condottiero e un valoroso aviatore che il fato pose nel campo avverso".


 

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