Ultimi bagliori di un crepuscolo
di
Alain de Benoist (*)

Ero bambino quando ho visto La strada di Fellini. L'insolita coppia Giuletta Masina e Anthony Quinn, Gelsomina e Zampanò, mi colpì molto. Dev'essere stato il mio primo film italiano. Dopo, ho perfezionato l'educazione cinematografica da assiduo della Cinémathèque di Parigi, allora in rue d'Ulm. In pochi anni, credo d'aver visto tutti i grandi classici italiani, da quelli d'epoca fascista ai capolavori del neorealismo postbellico (Ladri di biciclette; Roma, città aperta, ecc.). Ma è soprattutto dagli anni Settanta che il cinema italiano, allora in pieno rinnovamento, m'ha conquistato definitivamente. Dico "cinema italiano", ma generalizzo. Non mi sono mai piaciuti molto, per esempio, i film di Ferreri. Nonostante le innegabili qualità, neanche quelli di Bertolucci mi emozionavano molto. Invece ho un vivo ricordo di Fantasma d'amore, Anima persa, Profumo di donna e Il sorpasso di Risi, Una giornata particolare di Scola, Incompreso di Comencini, Padre padrone dei Taviani, Uomini contro di Rosi, Amacord e Prova d'orchestra di Fellini! Amo in particolare per il Risi di Primo amore, diventato l'ultimo (Dernier amour) in Francia.

La forza del cinema italiano è nel cogliere la totalità degli elementi d'una situazione. In Francia, troppo spesso il cinema è teatro filmato: l'essenziale sono i dialoghi. Il cinema italiano va oltre i dialoghi. Impone una situazione comica o tragica, dove conta anche il minimo dettaglio che si vede sullo schermo. È questo a renderlo così forte, affascinante. Sconvolgente. In Italia, come altrove, la tv ha però ucciso il cinema. Non solo la scrittura cinematografica perde ogni giorno di più la sua specificità (il cinema è ormai solo fonte produttrice d'immagini annegata in un universo d'immagini), ma non occorre più andare al cinema per i film. Senza la dimensione conviviale, che ne aveva fatto la grande forma d'arte popolare della prima metà del XX secolo, il cinematografo è ormai un'altra cosa. Ogni tanto però si vedono ancora lampi folgoranti (penso all'Uomo delle stelle). Sono come luce che ci arrivi ancora da astri ormai spenti.

(*) sociologo, filosofo, ex critico cinematografico del Figaro magazine.


 

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