Un grande avvenire alle spalle
di Thierry Frémaux (*)

La mia impressione è che nel complesso, i registi italiani circoscrivono la vita, la gente e il cinema. Ho sempre voluto vedere nel cinema italiano un'immensa famiglia, con padri, zii, cugini, figli, bastardi. E come in ogni famiglia ci sono conflitti, disaccordi, liti. Eppure il cinema italiano sembra incarnare una vera e propria storia collettiva, che fa sognare i cinefili degli altri Paesi, in particolare noi francesi. Non abbiamo mai visto, in Italia, nessuna caccia alle streghe, come invece c'è stata negli Stati Uniti d'America, così pure nessun tradimento. Soprattutto, mi sembra poi che nessun giovane critico abbia distrutto il passato per far esistere il "suo" presente, come invece hanno fatto in Francia i Cahiers du Cinéma negli anni Cinquanta. Ma la domanda da porsi resta la stessa che per il cinema francese: c'è un'eredità, possente, forte, ma per quali eredi?

(*) direttore artistico del Festival di Cannes.


 

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