L'era delle multisale: mille nuovi schermi per il 2003
di Luigi Filippi


Esattamente dieci anni fa, nel 1992, l'Italia viveva l'anno nero del cinema con meno di duemila sale operanti contro le circa dodicimila esistenti nei tempi d'oro e 83 milioni e mezzo di biglietti venduti contro gli 850 milioni dell'anno più felice, il 1955. Negli anni precedenti era successo di tutto. In particolare, nel luglio del 1976 la Corte costituzionale aveva "liberalizzato" l'etere favorendo il proliferare dell'emittenza televisiva privata (allora si chiamavano "antenne libere") che viveva soprattutto di film distribuiti gratuitamente (se ne calcolò un'offerta di circa 1.500 al giorno). Ciò produsse la svendita alla tv di interi magazzini cinematografici (rimase celebre quella della Titanus) e una crisi senza precedenti. Gli autori realizzavano film fatti apposta per essere gonfiati dagli spot pubblicitari in occasione del loro passaggio sul piccolo schermo e il pubblico se ne disgustò presto. Poi, nel febbraio 1983, ci fu, a Torino, il tragico incendio del cinema Statuto, a causa del quale morirono 64 persone. La conseguenza legislativa fu una prolungata incertezza nella definizione delle nuove misure di sicurezza che vennero poi stabilite con criteri così ferrei e economicamente onerosi da costringere migliaia di sale alla chiusura. L'Espresso del marzo del 1984 fotografa la situazione con un titolo molto efficace: "In Italia muoiono due sale cinematografiche al giorno". In quel solo decennio ne scompaiono circa settemila.

E così si precipita fino al 1992 l'annus horribilis del cinema in Italia, con i suoi 83 milioni e mezzo di spettatori e 2.000 sale. Da allora, sia pure tra molte contraddizioni, inizia l'inversione di tendenza. La soglia dei 100 milioni di spettatori viene nuovamente superata nel '97 e il consumo di cinema si stabilizza intorno a quella cifra, ponendo, però, l'Italia all'ultimo posto in Europa. Va ricordato che il penultimo Paese europeo, la Spagna, ha venduto l'anno scorso quasi 150 milioni di biglietti e il primo, la Francia, ha sfiorato i 190 milioni. A migliorare i conti ci hanno pensato alcuni film di grande successo come, nel '98, Titanic, migliore risultato assoluto nella storia del cinema, e prima, tra gli italiani, Il ciclone di Pieraccioni, nel '96, e La vita è bella di Benigni, nel '97. Ma uno degli elementi più positivi è rappresentato dalla trasformazione dell'esercizio, sin dalla fine degli anni '80 con le multisale e poi con i multiplex, il primo dei quali apre alle porte di Vicenza, a Torri di Quartesolo, nell'ottobre '97.

Questi grandi scatoloni di cemento armato, dotati di almeno otto schermi, ampi parcheggi, ristoranti, negozi, sale-giochi, piacciono molto al pubblico più giovane al quale offrono film spettacolari e di facile presa. Oggi, circa 500 schermi dei poco più di 3.000 attivi, sono collocati in strutture multiplex ed entro l'anno prossimo ce ne saranno almeno 1.000. Inoltre, queste strutture hanno stimolato l'afflusso di rilevanti capitali stranieri, americani ed australiani ma anche inglesi, tedeschi e francesi nell'industria cinematografica italiana. E per di più stanno determinando la fine della stagionalità del cinema favorendo, proprio da quest'anno, l'uscita, anche in estate, di più di un titolo di richiamo. Ma i problemi non mancano soprattutto per il prodotto italiano che, nella stagione 2001/2002, ha perso circa la metà dei suoi spettatori. I multiplex, infatti, attirano spettatori ma fanno il deserto intorno. Pertanto, funzionano bene se sono collocati dove c'è scarsa offerta di cinema, altrimenti operano pesanti travasi di pubblico a danno delle sale di città, più adatte a prodotti meno spettacolari come sono di solito quelli italiani ed europei e come è il cinema d'autore. In realtà, il legislatore si era posto il problema all'inizio.

Veltroni, vicepresidente del consiglio dei ministri con delega per lo spettacolo, diceva, nel '96: "Porteremo il cinema dove non c'è". Ma il regolamento emanato dal ministro Melandri nel '99 ha fissato più eccezioni che vincoli alle aperture; e gli investitori hanno impiantato multiplex soprattutto nelle zone già servite, in particolare nel Nord e nel Centro, trascurando quei quindici milioni di italiani che sono a corto di sale cinematografiche.
Una più armonica distribuzione delle nuove sale sul territorio e un più efficace meccanismo di credito all'esercizio che favorisca anche la specializzazione delle sale di città, sono le principali ricette sollecitate dagli operatori. Ma molte altre sono le necessità di tutta la filiera: da un meccanismo più adeguato per lo sviluppo della produzione a una normativa antitrust che eviti i rischi di posizioni dominanti, al contenimento delle trasmissioni sportive in tv, alla lotta alla pirateria audiovisiva, alla sfida delle nuove tecnologie digitali. Sono queste le riforme che renderebbero raggiungibile anche in Italia l'obiettivo medio europeo dei 150 milioni di spettatori annui.



 

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