Benjamin Constant, la modernità di un pensatore classico
di Pino Bongiorno

Sebbene il nome di Benjamin Constant compaia sempre più spesso nel dibattito culturale e politico del nostro paese, questo grande classico del pensiero liberale rimane conosciuto poco e male. Basti pensare che le sue opere più importanti – i grandi trattati inediti composti tra la fine del Direttorio e i primi anni dell’Impero e tornati alla luce negli anni ’60 del Novecento – non sono ancora stati tradotti in italiano. Eppure la riscoperta di questi trattati ha avuto un’importanza critica enorme. In primo luogo, perché è stato sfatato il pregiudizio che vedeva in Constant uno scrittore di brillanti pamphlets e acuti scritti di circostanza, ma incapace di elaborare un’opera sistematica e perciò privo del respiro teorico che caratterizza il grande pensatore politico; in secondo luogo, perché è stato dimostrato che la dottrina politico-costituzionale contenuta nelle opere della Restaurazione era stata elaborata, in realtà, dieci anni prima, in un contesto storico-politico del tutto differente e con una sistematicità sconosciuta alle opere successive. 

Il liberalismo di Constant aveva raggiunto la sua maturità non quando la Francia tornava a darsi – sia pure sotto il velo del legittimismo monarchico – istituzioni liberal-parlamentari, bensì quando tali istituzioni, dopo la stentata esistenza condotta sotto il Direttorio, venivano spazzate via dall’inedito dispotismo napoleonico. Dunque le sue idee non rappresentavano il riflesso di una vittoria già conseguita (il ritorno al regime costituzionale e parlamentare), ma piuttosto il manifesto per una battaglia ancora da combattere, manifesto composto in anni in cui ben pochi avrebbero scommesso sulla sconfitta di Napoleone e tra quei pochi ancor meno pensavano a soluzioni liberali.

Sebbene siano ormai vent’anni che la critica ha dimostrato come gli anni decisivi, per l’elaborazione del pensiero di Constant, siano quelli che vanno dal Termidoro all’Impero, non esistono studi che ricostruiscano in modo articolato e sistematico tale periodo. Il libro di Stefano De Luca (“Alle origini del liberalismo contemporaneo. Il pensiero di Benjamin Constant tra il Termidoro e l’Impero”, Marco editore, Lungro di Cosenza, 2003, pp. 260, € 26) viene a colmare tale lacuna, offrendo un’approfondita e avvincente ricostruzione dell’itinerario che porta Constant dalle riflessioni sui drammi del Terrore all’elaborazione di una compiuta dottrina liberale. De Luca è altresì convinto che l’elaborazione di tale dottrina segni una svolta nella storia delle idee, perché costituisce la risposta liberale alla genesi convulsiva della democrazia sul Continente europeo. Soltanto con essa il liberalismo assume la sua fisionomia contemporanea.

19 novembre 2003
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