Saramago: la cecità della ragione
di Angela Regina Punzi
Ci sono libri che non meritano solo di essere letti, ma ascoltati.
Tenti un “ho provato leggendo”, accenni finanche
un’interpretazione. Ti muore in gola, lo banalizza. Non rimane che
arrendersi alla lettura, a quelle parole che suonano come
frustate, congeniate così bene a mo’ di poesia. L’artista è Josè
Saramago, portoghese, premio Nobel per la letteratura. Il libro:
Cecità. D’improvviso il buio. Fermi ad un semaforo, nella sala
d’aspetto di un oculista, al ciglio di una strada. Nessun
black-out da Notte Bianca. Questa volta le luci sono accese, la
corrente elettrica arriva, perché il buio stanotte è dentro.
Invade le strade “un’oscurità autentica, una nera oscurità”. Un
uomo, mille, una città, forse una nazione che arranca perché non è
più capace di vedere. I primi ciechi vengono isolati come
lebbrosi. Poi il contagio: pian piano la malattia dilaga. Migliaia
di persone che non riescono più ad accendere la luce, perché i
loro occhi sono stati trasformati in “soli spenti”. Ormai a questi
ciechi non importa più che sia giorno o notte, “crepuscolo del
mattino o dell’imbrunire, silente alba o rumoroso mezzodì”.
Un storia d’impatto, che ti travolge senza chiedere “permesso”.
Nessun discorso diretto: le parole dei ciechi non sono
virgolettate, l’urgenza di quello che hanno da dire non può essere
ritardata da orpelli stilistici. Hanno fame, sete, saccheggiano
per mangiare, lottano per poche briciole di dignità. Sdraiati
sulle loro brande, aspettano che “il sonno abbia compassione della
loro tristezza”. Non un racconto irreale, ma surreale. Un luogo
non meglio precisato, senza nessuna indicazione temporale, solo la
tenace lotta contro lo sconforto. Perché c’è una bella differenza
“tra un cieco che sta dormendo e un cieco cui non è servito a
niente aver aperto gli occhi”. Man mano in questo mondo spento la
società si reinventa, ricrea una propria gerarchia, quella del più
forte. Gli istinti animali, viscerali, hanno il sopravvento.
Quelli brutali, di violenza e stupro, di minacce e ricatti,
vengono qui spacciati per istinto di sopravvivenza senza perdere
il loro orrore. E quelli più umani, di una donna che ama suo
marito come non mai (per ironia della sorte, di professione
oculista), e di una prostituta che riscopre il suo istinto materno
abbandonando “i mercenari esercizi amatori cui si dedicava”. Solo
una donna non è stata infettata, per lei il miracolo della vista
si trasforma in orrore per lo scempio che è costretta a guardare:
a volte ci sono oscenità a cui non si vorrebbe assistere.
I primi soccorsi vanno ad anziani, donne e bambini, “esseri
generalmente ancora oppure ormai con poche difese”. Ma il vero
protagonista è lui: il Buio, se ne ha paura quando si è piccoli,
accendi il lumicino accanto al letto per esorcizzarlo. E se non si
potesse? Niente paura. Saramago, con discrezione, avverte: il buio
da temere sta ancora una volta dentro di noi. Nella “Cecità” della
ragione. Chiudi il libro e ti guardi intorno: pensi siano
splendidi i colori che ti circondano.
Josè Saramago, Cecità, Einaudi, Torino 1998, €9.30
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