I vini del Franco bevitore. Un Barbaresco fine ed elegante 
di Franco Ziliani

Si può iniziare un articolo, che vuol essere la segnalazione di un valido vino da conoscere, non parlando di quel vino e dell’azienda, ma con un’aperta dichiarazione di simpatia verso il produttore? Non si dovrebbe, se la logica avesse un senso, ma io che logico talora non sono o non voglio esserlo voglio dire subito che questo articolo, oltre che il tributo ad una serie di vini che mi piacciono senza esitazioni, e ad un’azienda che lavora seriamente e merita di essere conosciuta, intende soprattutto essere l’omaggio ad una di quelle persone che dal primo momento che lei hai conosciute avverti subito vicine e simili e che non puoi che considerare amiche. Mi è piaciuto così tanto, conosciuto solo allo scorso Vinitaly, Ernesto Dellapiana, titolare, con i suoi figli Jole ed Enrico, della Tenuta Rizzi di Treiso, e non solo per la sua contagiosa simpatia, per lo stile da solido capitano d’industria, da self made man che ad un certo punto della vita ha pensato bene di piantare baracca e burattini, il loro lavoro d’imprenditore in città per inventarsi una nuova vita e una nuova attività in campagna, in collina, tra le vigne del Barbaresco, o per la sua carica di umanità. 

Il feeling, forte, è nato, perché Rizzi, ai miei occhi di cronista del vino, rappresenta il tipico esempio di quell’ampia categoria di produttori che, sebbene scarsamente considerati dalle guide che vanno per la maggiore, chissà per quale oscuro motivo, continuano a lavorare benissimo, senza crucciarsi più di tanto, a fare qualità, a stare sul mercato, ad incontrare il favore dei consumatori e ad avere il rispetto e la considerazione di aziende più blasonate o baciate in sorte della fortuna, alle quali Dellapiana cede ettolitri di vino, considerato che con i suoi 35 ettari in un unico appezzamento, Rizzi è una delle più ampie, interessanti e sicuramente importanti realtà nella zona del Barbaresco. L’attività d’imprenditore agricolo di Dellapiana nasce nel 1974, quando riuscendo a riaccorpare i pezzi della proprietà familiare, che si erano dispersi per una serie di eredità, mette insieme una vera e propria azienda agricola moderna e procedendo alla prima vinificazione in proprio. Dieci anni dopo è la volta dell’acquisto dei quindici ettari della Cascina Boito, coltivati a Nebbiolo da Barbaresco, Barbera, Dolcetto, Freisa e Chardonnay (che Rizzi per primo ha piantato in Langa), seguita, dopo nove anni, nel 1993, della cascina Villa Manzola, già Villa Manxionis, importante stazione di sosta sulla strada "Magistra Langorum" che transitando per Treiso, univa Alba Pompeia al Mare, con i suoi quattro ettari di vigneto.

Il cuore dell’azienda è però la Cascina Rizzi, posta sul crinale dell’omonima collina da cui ha preso nome, che ospita le cantine e risale alla fine del Settecento. La vocazione alla qualità di questa zona, che oggi consta di tredici ettari in un unico appezzamento posto sui due versanti della collina, è nota da oltre un secolo, da quando Domizio Cavazza, preside della scuola enologica di Alba e primo esperto a valorizzare il Barbaresco, inserì la Cascina Rizzi tra le zone più pregiate per la produzione del fratello minore del Barolo. I terreni sono marne tufacee bianche e la posizione della collina, posta leggermente più in basso rispetto alle altre che la circondano, e quindi al riparo dalle correnti, crea uno speciale microclima che facilita la maturazione e assicura il perfetto equilibrio dei vini. All’interno della Cascina Rizzi uno spazio particolare hanno i quattro ettari della Vigna Fondetta, che forma una sorta di anfiteatro naturale, da cui deriva un cru di Barbaresco cui Ernesto – George Dellapiana tiene particolarmente, e a ragione. Come si è detto l’azienda vinicola Rizzi produce anche Dolcetto, Barbera, Chardonnay, un interessante Moscato vendemmia tardiva, con uve raccolte il 21 novembre del 2001, tutti vini di buonissimo livello, ma a fare la nobilitate dell’azienda sono naturalmente i Barbaresco, tutti, rigorosamente d’impianto tradizionale, ovviamente Nebbiolo 100% (è bene precisarlo, visti i “furbetti” che ancora girano in zona), realizzati con lunghe macerazioni, affinamenti in botti di rovere di Slavonia di 20 e 50 ettolitri, paziente riposo in vetro, dopo l’imbottigliamento, prima della commercializzazione. 

I loro vini, che ho assaggiato in più riprese al Vinitaly mi sono piaciuti moltissimo e credo non possano che piacere a tutti coloro che amano il Nebbiolo e nel Barbaresco vogliono trovare la nitida impronta di questo meraviglioso vitigno. Tutti vini caratterizzati da bella consistenza, grande pulizia olfattiva, ottima struttura tannica, gusto pieno, ricchezza di estratti, ma splendidi per eleganza, dolcezza, equilibrio. Ottimo, per iniziare l’approccio, il Barbaresco Rizzi 1998, dotato di una bocca ancora più importante di quanto faccia presagire l’olfatto, interessante, soprattutto in divenire, il Sorì del Boito, sorta di cuvée sperimentale tra le uve dei due vigneti, dotata di una dolcezza rara, ma splendidi, non saprei dire quale dei due mi sia parso il più grande, sono soprattutto i Barbaresco del cru Fondetta, sottozona del vigneto Rizzi, 1999 e 2000, ottenuti dalle uve, Nebbiolo varietà Michet, di un vigneto a Guyot basso con una densità di 4200 viti per ettaro, impiantato nel 1966 e poi nel 1972, posto a 360–390 metri di altezza, perfettamente esposto a sud su terreni magri e bianchi di natura mista, che vanno dal calcare (oltre il 25%) all’argilla, alla sabbia al limo. Un Barbaresco di rara finezza ed eleganza, prodotto in poco più di 4000 bottiglie, con una vinificazione accurata in acciaio, seguita dalla malolattica e da due anni di affinamento in grandi botti di rovere (25 e 50 ettolitri).

Naturalmente i colori, rosso granato intenso, con una leggerissima nota aranciata, limpidi, brillanti, non sono quelli impenetrabili, foschi, lutulenti e tristi dei “Barbaresco” mammut che hanno fatto tendenza, stravolgendo e violentando l’idea stessa del Barbaresco, in questi ultimi anni. Ed i profumi, finissimi, eleganti, completi, di viola e sottobosco, di rosa e piccoli frutti (lampone in primis) e poi spezie (soprattutto cannella), che poi si aprono su note di cuoio e liquirizia, e sono ricchi, densi, dolci e carnosi, particolarmente succosi e densi, con una vena nitidissima di pepe nero nel caso del Fondetta 2000, senza mai scadere nel marmellatoso, nel pesante, in quella noiosa monodimensionalità e prevedibilità, vivacizzata, si fa per dire, solo da robuste dosi di tostatura, che è tipica dei Barbaresco new wave. 

Il meglio di sé i due Barbaresco Fondetta, 1999 e 2000, lo danno però quando, serviti alla giusta temperatura, versati in due calici di ampia capienza e pronti per l’esame gustativo, s’impongono in bocca, dal primo sorso, per la bellissima materia fitta e terrosa, per la giusta sottolineatura di tannini perfettamente maturi che non mordono ma si fanno giustamente sentire, per un frutto caldo e dolce che si fa velluto e seta tanto è elegante e privo di ruvidezze, avvolgente e suadente nel disporsi ampio nella cavità orale, nel regalare una splendida pienezza di gusto, una lunga persistenza che esprime completamente il carattere inimitabile, la grandezza del Nebbiolo, la sua splendente magnificenza. C’è del nuovo e molta qualità, al di là dei soliti nomi, nell’universo del Barbaresco: basta volerlo cercare, senza prendere per oro colato i vaticini, non disinteressati, delle guide…

12 settembre 2003

bubwine@hotmail.com 

Azienda vitivinicola Rizzi, Strada Rizzi 15, 12050 Treiso CUNEO, tel. 0173 638161 fax 0173 638935. € 14. cantinarizzi@cantinarizzi.it 


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