Il Novecento e i percorsi della libertà
di Carlo Stagnaro

Se è lecito fare una semplificazione, il Novecento non è stato il secolo del liberalismo. Il moloch statale s’è mostrato in tutta la sua forza, la libertà individuale è stata compressa come mai era accaduto nella storia. In quest’epoca buia, figure coraggiose si sono mosse e hanno tenuto accesa la fiaccola – rivolgendosi, forse, a quello che Albert Jay Nock definiva “il Residuo”. Però, il loro messaggio è filtrato, il rivolo di speranza da essi tenuto in vita è oggi un fiumiciattolo che scorre allegro sulla nuda roccia. Sembra ragionevole sperare ch’esso crescerà e crescerà, grazie all’alveo che la globalizzazione gli ha tracciato davanti. La pubblicazione d’un libro come “I percorsi della libertà. La ricerca del bene” (Genova, Marietti, 2003) di Fabrizio Gualco è, allora, un passo importante per ricostruire la strada che quest’impertinente corso d’acqua s’è scavato, nonostante le numerose dighe e i tanti ostacoli frapposti dal mostro socialista. L’autore riconosce nel liberalismo due orizzonti diversi e complementari: uno “morale” (che viene esplorato in special modo nella sua radice cattolica), l’altro “economico” (che vede nel libero mercato l’unica istituzione compatibile con gli ideali degli eredi di John Locke).

“Il comunismo – sottolinea Gualco – pretende di essere profezia sulla storia umana depurata dall’orizzonte della trascendenza. Il Novecento perciò nasce già viziato da presupposti ideologici e nichilistici. Presupposti che il Novecento stesso sviluppa e porta all’autodissoluzione, attraverso lo smascheramento delle ideologie di tutti i colori ed il crollo dei regimi totalitari”. L’obiettivo del suo lavoro, quindi, è “da un lato il recupero del senso del reale all’interno della prospettiva dell’essere e, dall’altro, l’accantonamento dell’opzione ideologica e nichilista ancora di moda nella cultura egemone”. Lo “strumento” scelto per compiere questo viaggio è, per così dire, quello della mostra di pittura: lo studioso alessandrino disegna degli schizzi del pensiero dei grandi teorici liberali – non solo del secolo appena concluso – e attraverso di essi indica una direzione, mostra ch’è possibile seguire un itinerario coerente e sempre volto all’ulteriore chiarimento, alla più chiara comprensione delle cose e dell’uomo per come sono – non come “dovrebbero” essere. Così, il lettore s’imbatte in pensatori quali Hannah Arendt e José Ortega y Gasset, George Orwell e Charles Peguy, Wilhel Roepke e Ludwig von Mises – e molti altri ancora.

Il volume nasce, in verità, da una serie di articoli che Gualco ha scritto negli anni passati per la rivista online
www.RagionPolitica.it. Questo gli permette d’affrontare i temi di suo interesse con disinvoltura e leggerezza – come si conviene a un testo divulgativo – senza per questo perdere in termini di rigore o correttezza. I “ritratti”, poi, comunicano le opinioni dell’autore, senza però che questi diventi mai intrusivo. La sua è una sorta di “voce fuori campo” che, di tanto in tanto, commenta gli eroici sforzi dei difensori della libertà. Questo lavoro è tanto più importante se si considera, come rileva don Gianni Baget Bozzo nella prefazione, che “il pensiero liberale, che fu protagonista dell’Ottocento, è stato eliminato dal Novecento. Esso è stato ‘fatto fuori’ dall’idea politica di Rivoluzione. E’ significativo che, saltando l’Ottocento, la Rivoluzione del Settecento, la Rivoluzione francese trovi la controparte nel Novecento con la Rivoluzione dell’ottobre rosso: a Robespierre corrisponde Lenin… Il libro di Gualco tende ad esprimere quello che sembra ora importante; riportare nella cultura il primato della persona umana nella forma del liberalismo economico e politico”. 

“I percorsi della libertà” mostra che, quando il gioco s’è fatto duro, il liberalismo non ha rinunziato a giocare. Ha dovuto subire i colpi del nemico, colpi che hanno ferocemente indebolito la sua forza, ma è sopravvissuto al secolo peggiore dell’avventura umana. Oggi, gl’innamorati della libertà possono tirare fuori la testa, dacché il socialcomunismo ha perso la propria disperata lotta colla realtà – pur lasciando sul campo tante vittime innocenti. L’integrazione economica mondiale rappresenta il miglior ambiente entro cui le idee liberali possono germogliare e spingersi ad altezze vertiginose. Sta agli eredi di questa gloriosa tradizione saper cogliere l’eredità dei grandi maestri del passato.

12 settembre 2003

c.stagnaro@libero.it


stampa l'articolo