Ideologia e politica: l’influenza sul leader
di Luciano Cavalli

[…] E’ opportuno soffermarsi sul tema ora introdotto dell’ideologia come fattore della vicenda politica contemporanea e, alternativamente, strumento o sfida per il leader. La conclamata «fine delle grandi ideologie», e del marxismo-leninismo in primo luogo, non deve trarci in errore. Le strutture culturali-ideologiche di massa (divenute mentalità) rappresentano una delle grandi forze del mondo moderno. Specialmente quando posino su secolari fondamenta di sentimenti, atteggiamenti e «senso comune». Eppoi grandi tradizioni culturali, religiose e laiche, nelle attuali circostanze di tendenziale mondializzazione producono ulteriori sviluppi visionari di riordino sostanzialmente rivoluzionario e totale, che affascinano la mente di vaste moltitudini. Come l’islam degli integralisti. Come, su altra scala, la prospettiva di no global e pacifisti che, in Occidente, privilegiano gli interessi del terzo mondo.

Alcune osservazioni sulla potenza di tali strutture meritano qui rilievo. Innanzitutto, esse in generale prevalgono sui dati dell’esperienza e sui suggerimenti più elementari della logica, della scienza e financo del buon senso. Specialmente quando «idee-valori» centrali favoriscano poco nobili tendenze dell’uomo – egoismo, neghittosità, invidia. E quando trovino voce in dotati demagoghi. Si deve pure considerare la quasi refrattarietà mentale del «credente» protetto dalla massa ideologica. Essa è ben rappresentata dalla risposta del subcomandante Marcos a chi gli diceva che opporsi alla globalizzazione è come opporsi alla legge di gravità: «E quindi io dico: abbasso la legge di gravità!».

Per valutare giustamente la temibilità dell’ideologia, bisogna inoltre ricordare che essa è la matrice da cui capi-demagoghi estraggono etichette squalificanti e demonizzanti per l’avversario e il suo punto di vista: come «xenofobo» o «populista». Benché inconsistenti, convogliano la resistenza di massa contro il mutamento necessario. E, d’altra parte, bisogna considerare che il teatro politico di massa ha sviluppato dimensioni mondiali.

Tutto ciò significa che la battaglia sul terreno culturale è decisiva per l’Occidente, per l’Europa in fieri, e per alcuni Paesi in specie. Ma, d’altra parte, solo grandi leader, con realistici lungimiranti progetti e circondati da élite appassionate, possono forse rompere e sostituire le strutture ideologiche di massa ormai ingombranti. E non senza disporre del potere – almeno nella fase decisiva. Tra l’altro, perché quelle strutture hanno quasi sempre a sostegno anche condizioni sociali di vario ordine, che vanno rimosse. Questa riflessione si ricollega specificamente alla qui trattata capacità del leader di (ri-)definire la realtà, dando al proprio popolo coscienza di interessi vitali celati dall’ignoranza e dalle ideologie, e impersonandoli con grande forza di motivazione. 

D’altronde a favore di una siffatta operazione di recupero culturale testimonia un insegnamento della vicenda umana trascorsa: la refrattarietà all’esperienza, di cui si è detto, può entrare in crisi per le drammatiche confutazioni opposte dalla realtà. E’ da considerare ai nostri giorni esemplare la distruzione delle Torri gemelle a New York, come «scossone» che ha orientato più realisticamente milioni di americani. Quel tragico evento, altri succedutisi, grandi minacce impendenti, fanno anche sì che molti europei riflettano dubbiosamente sulla prospettiva alquanto utopistica d’un felice futuro, pacifico, giusto, solidale, che le classi politiche del grande Occidente postbellico avevano promesso di realizzare sul pianeta intero. E’ in tali congiunture critiche, ovviamente, che la vera leadership può operare con più efficacia per stabilire come centrali fra i popoli d’Europa i principi risanatori della tradizione realista, rideterminando in conformità il complesso teatro della politica. A partire dalla lotta come prius. Che significa innanzitutto riarmo europeo, e poi anche competizione cruda sui mercati: con sacrifici che troppi europei d’oggi non vorrebbero nemmeno contemplare in ipotesi.

12 settembre 2003
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