Le superstizioni della scienza
di Vittorio Mathieu

Una delle superstizioni più diffuse tra gli scienziati è che tutto ciò che non è scienza (o approssimazione alla scienza) sia superstizione. Ciò significa non tener conto di come la scienza si costituisce: astraendo da aspetti importanti della realtà. Esistono aspetti della realtà che sfuggono alla scienza per loro natura e non solo per mancanza di progresso. Prima di Galileo l’aveva detto Dante, riferendosi a un sapere diverso da quello della scienza moderna: se potessimo saper tutto, “mestier non era parturir Maria”. Si è costituita anche un’ associazione, il cui esponente più noto è Piero Angela, per smascherare gli inganni del paranormale. Eppure il paranormale è constatabile da tutti ed è ammesso da molti scienziati, e perfino studiato con criteri scientifici. Crookes, ad esempio (quello celebre dei “tubi”) cercava di pesare gli ectoplasmi per vedere se il loro peso corrispondesse esattamente al peso perduto dalla medium.

E’ ben probabile che il 98% dei fenomeni del genere più reclamizzati sia frutto di inganno. Ma anche riducendo tutto al 2% qualcosa rimane (a parte che il miracolo più grande come diceva Einstein è appunto che tanto della natura si lasci spiegare). In inglese c’è un’abbondante letteratura sull’argomento, abbastanza controllata. Non tutte le premonizioni ad esempio (l’aereo che cade o l’ascensore) sono illusive. Facile obiettare che si pre-sente un milione di volte e si rende nota solo quella volta in cui l’ascensore cade davvero. Ma nel caso ricordato da Bergson (una signora che riconosce il volto del fattorino visto in sogno e si ritrae dall’ascensore che cade) la spiegazione non serve. E neppure nel caso di “apporti” di pezzi di museo poi restituiti da Rol, del quale si è celebrato recentemente non so quale anniversario.

Non ho visto citata nel suo caso né l’attività normalissima di produttore di oli minerali né la sua prestazione più celebre. Durante la guerra le SS stavano per fucilare il presunto colpevole di un attentato, e Rol si precipita: “Non è stato lui”. “Come lo sa?” “A volte so certe cose anche se non le ho viste”. “Allora mi dica che cosa è contenuto nel terzo cassetto dall’alto della scrivania nel mio studio a Düsseldorf”. Rol si concentra qualche minuto e comincia a spifferare. L’ufficiale impallidisce e fa liberare il prigioniero. Facile lettura del pensiero si dirà. Ma la lettura del pensiero, per quanto frequente, non è eseguibile a volontà.

Alla portata di tutti c’è un esperimento ripetuto in molte università americane: da un mazzo di carte ne estraete una per volta e fate dire a qualcuno, che non veda, “rosso” o “nero”. Ripetendo la prova un gran numero di volte l’errore dovrebbe avvicinarsi al 50%: al contrario, se ne allontana, di più se chi estrae la carta la guarda prima, di meno se la guarda dopo. L’ho fatto anch’io, con un numero abbastanza elevato di ripetizioni. I controsuperstiziosi che smascherano gli inganni fanno opera meritoria. Ma, a volte, semplificano troppo. I fachiri – dicono ad esempio – non fanno nulla di eccezionale camminando sulle braci ardenti, perché queste non sono così calde come sembra. Benissimo, ma è il caso di dire “Hic Rhodus, hic salta”: togliti le scarpe e fallo anche tu”.

20 giugno 2003
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