Cucina. Scelte bipartisan, almeno tra i fornelli 
di Maria Luisa Gualtieri

E’ di destra o di sinistra, è conservatore o progressista il gusto della buona tavola? Trasferiamo sul cibo l’interrogativo che in politica è il tormentone del momento: chiedersi se determinati comportamenti siano oggi di destra o di sinistra. Riferito al cibo l’argomento in sé provocatorio va trattato con ironia, ma va da sé che se l’atto del mangiare corrisponde a un bisogno di vita non è per questo un atto neutro né dal punto di vista individuale né da quello sociale. Ognuno di noi ha sviluppato il suo gusto attraverso l’educazione impartita dal gruppo di appartenenza. Ed è vero che in alcuni periodi storici il modo di abbigliarsi e di nutrirsi ha classificato gli individui: nel ’68, in piena contestazione, l’eskimo sostituisce giacca e cravatta, la gonna a fiori e gli zoccoli il tailleur. E anche il modo di alimentarsi si adegua alla contestazione: gli studenti di sinistra divoravano alla Statale il panzarotto caldo, e questo li identificava come una bandiera; gli studenti di destra i Sambabilini prediligevano toast e Coca Cola. Gli espropri proletari degli anni di Piombo avevano per oggetto soprattutto salmone e caviale, cibi considerati allora di lusso. 

Tra le bevande di sinistra si consideravano certamente la ruvida grappa e la vodka, evocatrice di notti moscovite e di malinconiche balalaica. Raramente un anarchico odorava di cognac, e il whiskey era sinonimo di promozione sociale. Poi la grappa non ruttò più, si raffinò, entrò nei salotti borghesi degli anni Ottanta, spinta dall’onda del revival contadino, perché ricordava, specie a chi non ne aveva mai sperimentato le durezze, l’elegiaco mondo dei campi.

Oggi siamo lontani da questi spartiacque, gli allarmi alimentari provocati dai danni derivati all’uomo dalle colture e dagli allevamenti intensivi e dallo scriteriato uso di pesticidi, coloranti e conservanti di cui si è lungamente abusato, toccano tutte le fasce della popolazione, di qualsiasi ceto e schieramento politico. A destra e a sinistra, in un’aura bipartisan, è considerato salutare mangiare poco, prediligere le diete vegetariane (il cibo pitagorico), privilegiare i legumi alle carni. Sono preferiti i cibi semplici e rustici dei contadini, il loro pane nero, la frutta appena colta, le uova e le verdure dell’orto. A destra come a sinistra si snobbano i distillati e i superalcolici, ma si privilegia, questo sì, nostalgia dei tempi andati, il liquore fatto in casa come nocino e limoncello. Si torna all’ottimo bicchiere di vino di cui le nostre terre producono splendidi esemplari, e le differenze tra gente di destra e di sinistra si appannano davanti ad un bicchiere di rosso di quello buono. 

Noi vi suggeriamo una eccezionale ricetta di limoncello: provare per credere. Occorre un litro di alcol a 90 gradi, 12 limoni non trattati, un chilo di zucchero. Preparazione 1 ora, cottura 10 minuti. Lavate gli agrumi e grattugiatene la scorza, senza arrivare alla parte bianca. Mettetela in un boccale a chiusura ermetica, versate sopra l’alcol, chiudete e lasciate macerare per una settimana. Passato questo tempo, fate sciogliere a fuoco basso lo zucchero in due bicchieri d’acqua, fino ad ottenere uno sciroppo che farete bollite per pochissimo tempo. Filtrate poi l’alcol di agrumi, unite lo sciroppo di zucchero freddo e imbottigliate. Lasciate passare qualche mese: diventerà più buono.

23 maggio 2003

mlgualtieri@hotmail.com



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