Cucina.
Uovo di Pasqua: andiamo al sodo
di Maria Luisa Gualtieri
Con questi scenari drammatici che ci giungono dai teatri di guerra
riesce difficile disquisire di feste e pranzi pasquali. Ci piace
oggi affrontare l'argomento della prossima festività ricordando
che i simboli di questa festa, che è anche festa della primavera,
sono da sempre l'uovo e la colomba. Antiche leggende, miti e
significati primordiali di un gesto comune a molte culture
raccontano che il dono di un uovo è segno di vita e scambio
d'augurio. Un tempo la domenica di Resurrezione era chiamata anche
Pasqua d'uovo, perché la si festeggiava donando e mangiando uova
sode colorate, che erano state benedette in chiesa e spesso la
nobiltà si scambiava uova d'argento e d'oro, abbellite di gemme,
perle e smalti. Più tardi nacque l'usanza di celare nell'uovo di
Pasqua una sorpresa.
L'uovo come palpitante eredità del passato, immagine di vita e
d'amore, emblema della Pasqua torna ad essere più che mai attuale
perché con la sua forma pura rappresenta la vita, il bene più
prezioso, quanto di meglio possiamo augurare a chi amiamo. Alla
fine del pranzo pasquale, durante il quale si mangia l'agnello o
il capretto secondo l'antica usanza ebraica, è d'obbligo un dolce
a forma di colomba che può essere considerato il simbolo del
Cristo che porta la pace agli uomini; oppure il simbolo dello
Spirito Santo che scende sui fedeli grazie al sacrificio del
Cristo sulla croce.
11
aprile
2003
mlgualtieri@hotmail.com
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