I vini del Franco bevitore.
Sacromonte, un toscano very english

di Franco Ziliani

Cari amici della Toscana, innamorati persi del Sangiovese ma delusi per la piega un po’ strana ed incomprensibile che troppi vini ottenuti dal vostro vitigno prediletto stanno prendendo negli ultimi anni, ecco una buona novella per voi. Se siete alla ricerca di un Sangiovese in purezza, elegante, succoso, godibilissimo al gusto, non ucciso, o quantomeno involgarito dall’eccesso di legno francese, o da incongrui tagli con i consueti vitigni “migliorativi”, (ma davvero?) o nobili, d’origine internazionale, ecco un vino che fa sicuramente per voi. Lo produce un domaine, ma forse sarebbe meglio dire una winery, praticamente sconosciuta, non recensita dalle varie guide, posta in un borgo, Seggiano, nel grossetano, che posto, insieme a Cinigiano, Civitella Paganico, Roccalbegna, Arcidosso, Campagnatico e Castel del Piano, nel territorio della Doc Montecucco, (un futuro davanti a sé ancora tutto da costruire), m’era sinora noto solo per l’olio extravergine Dop Olivastra Seggianese, e per la collocazione geografica, ad una ventina di chilometri da Montalcino, ai piedi del Monte Amiata, in provincia di Grosseto.

Il bel Sangiovese che voglio sottoporre alla vostra attenzione l’ho conosciuto in circostanze singolari e casuali, legate all’arrivo di una mail, scritta in un italiano simpaticissimo, della produttrice, che mi annunciava l’invio di un campione e qualche osservazione sul suo lavoro, e di un’altra mail di un’importante società, la Classica di Montepulciano, emanazione della Avignonesi, che mi segnalava di aver avviato la distribuzione di questo vino. Assaggiato il Sacromonte, un’Igt Toscana annata 2000, e scambiata qualche altra mail con la proprietaria, una signora inglese che corrisponde al nome di Charlotte Horton, non solo ho deciso di scriverne, ma a metà febbraio, trovandomi a Montalcino, proprio nei giorni in cui si diffondevano i boatos di un acquisto da parte di Silvio Berlusconi del Castello della Velona (un posto magnifico dove ho avuto modo di cenare), non mi sono fatto mancare una visita al Castello di Potentino, questo il nome dell’azienda, per cercare di capire come diavolo, già alla sua prima annata di produzione, questo vino avesse potuto risultare così buono e splendidamente in sintonia con i miei gusti in materia di Tuscan wines.

Va subito detto, che ancora prima di metterci piede questo Castello di Potentino mi era davvero simpatico, anche se oggi lo è ancora di più. Lo era, e lo è, per la decisione dei proprietari, inglesi, di limitarsi, per ora, a produrre un unico vino, il Sacromonte, appunto, in quantitativi non virtuali, ma reali, ovvero dodicimila bottiglie, per la pura “follia” e incoscienza di piantare, accanto al Sangiovese, e ad un pizzico d’Alicante, che fa tanto Maremma e Morellino di Scansano (un altro vino tosco che davvero mi garba), una piccola parte di quel magnifico vitigno, il Pinot nero, che a quelli come me fa battere il core e soffrire e penare, specie quando lo vediamo impiantato in terroir che non avrebbero nulla a che spartire con questa nobilissima varietà. Voli pindarici e sogni di un Pinot noir all’altezza della Toscana, questo vino, ottenuto da uve Sangiovese 100% provenienti da un vigneto a cordone speronato semplice, con 5000 piante per ettaro, posto su terreni di varia natura, vulcanici, ma misti ad arenarie carbonatico quarzose e a calcari marnosi, argillosi e scistosi, rappresenta un caso davvero interessante. Anche per il tipo di vinificazione adottata, che prevede una fermentazione in tini tronco-conici di rovere di Allier da cinquanta ettolitri durata circa due settimane, e una maturazione, negli stessi tipi di contenitori, di otto mesi, seguita da un affinamento in bottiglia di almeno tre mesi prima della commercializzazione.

Niente barrique dunque, nessun dichiarato ricorso alle pratiche standard che normalizzano e appiattiscono il livello di troppi vini toscani, ma, come dice simpaticamente Charlotte Horton, “un approccio soffice, delicato per fare uscire dal vino fiore tutte le sottigliezze del Sangiovese - un tipo riservato che va trattato con gentilezza!”. In attesa di tornare al Castello di Potentino, e di scoprire altri “segreti” su questa cantina situata in un Castello, la cui documentazione risale al 1042, già proprietà di famiglie nobiliari come i Tolomei, i Bonsignori, i Salimbeni, e che può vantare d’aver ospitato Santa Caterina da Siena, non posso che dichiarare la mia piena soddisfazione per l’esistenza di vini come questo che riconciliano con il piacere autentico del Sangiovese, con il suo pedigree che non può che mantenere, nonostante le tecniche moderne di cantina, una piacevolissima vena ruspante e contadina da vino non laccato e plastificato, ma pieno d’estri e di carattere sanguigno.

Proposto non in una bordolese, ma in una bottiglia stile borgognotta, il Sacromonte di quest’annata che in Toscana è stata caldissima e ha prodotto, specie nelle aree più calde come Bolgheri, vasta parte del Chianti Classico e Montalcino, vini eccessivamente maturi, cotti, super concentrati, che inevitabilmente saranno carenti di finezza, si presenta già benissimo dal colore, un bel rubino violaceo luminoso e pieno di vita, e continua ancora meglio una volta posto il naso nel bicchiere, dove emerge, ben caldo e sostanzioso sotto una forma floreale e terrosa, che evoca immediatamente il gladiolo, l’iris, la viola, un mazzetto odoroso d’aromi (rosmarino, timo e alloro), impreziosito da venature speziate. Tutto molto diretto, ampio, fitto, ma fresco, fragrante, senza note di frutta stracotta, di marmellata, senza il disturbo dato dalle consuete, prevedibilissime, note di caffè e cacao, che tarpano le ali alla leggerezza, al garbo, all’allegria del Sangiovese maturo ma non sovramaturo. Molto bene le cose continuano anche al gusto, dove il vino si dispone caldo, sapido, molto pulito e asciutto, succoso e polputo senza ostentazione di muscoli, (naturali o da body building enologici poco conta), snello e lineare quanto basta per renderlo godibilissimo, per facilitarne magnificamente la beva, anche se si tratta tutt’altro che di un vinello, ma di un bel vino dotato del suo bel corredo di tannini, solo un pizzico graffianti e scontrosetti, ma perfettamente in linea con quella fresca e calibrata acidità che costituisce la spina dorsale, il nerbo di questo vino intimamente e inconfondibilmente tosco.

Un vino franco, diretto, senza fronzoli, lodevolmente pensato non pour “épater les dégustateurs” d’ordinanza, che in gran parte, sono pronto a scommetterlo, non ne verranno colpiti più di tanto, ma per compiacere, invece, chi ad un vino chiede verità, franchezza, genuinità, capacità d’esprimere ed esaltare il terroir d’origine e la sensibilità del produttore, e soprattutto di farsi bere, come è capitato a chi scrive, non su mirabolanti piatti emuli di Artusi, Escoffier o grandi chef, ma della saporita cucina di tutti i giorni, dalle paste con ragù di carne a pollame sino ad involtini, braciole e costolette. Ma se lo servirete anche su una bella pappardella con ragù di lepre, su un cinghiale in umido o una succosa fiorentina, questo bel Sangiovese di collina farà, ne sono certo, la sua bellissima figura: provare per credere.

14 marzo 2003

bubwine@hotmail.com

Castello di Potentino. Seggiano GR. Prezzo 11,40 Euro Tel. 0564 950326 fax 0564 950014. E-mail castellodipotentino@virgilio.it 

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