I vini del Franco Bevitore. Il carattere della Val Venosta
di Franco Ziliani

Aria nuova da qualche anno in Val Venosta, la più settentrionale delle vallate altoatesine, la zona di produzione rimasta più a margine, e quasi spettatrice, del profondo rinnovamento che ha investito, dalla seconda metà degli anni Ottanta e soprattutto negli anni Novanta, il panorama vitivinicolo altoatesino. Da qualche tempo alle varie manifestazioni, alle fiere vinicole nazionali ed internazionali, alle degustazioni di vini dell’Alto Adige prende regolarmente parte un gruppetto di piccoli e piccolissimi produttori, che proprio per le loro piccole dimensioni, e perché convinti che l’unione fa la forza, hanno deciso di fare gruppo, di ragionare insieme, di confrontarsi, di trovare, insieme, una strada percorribile ed originale per la viticoltura venostana. I risultati non si sono fatti mancare, sotto forma di inchieste, articoli e riconoscimenti prestigiosi arrivati ai piccoli viticoltori valligiani, e conseguentemente, anche vista la vocazione turistica della Val Venosta, è cresciuto l’interesse degli appassionati, che giungono volentieri in visita alle piccole, ma ben attrezzate cantine di Castelbello, Parcines, Silandro, Naturno.

Intendiamoci, le dimensioni della viticoltura di questa valle che inizia a nord di Merano, per finire al confine con il territorio svizzero, sono e restano molto piccole, con poco più di 20 ettari vitati, secondo le statistiche aggiornate alla vendemmia 2001, che sono progressivamente cresciuti dai 10,5 ettari dell’annata 1995 e dai 15 del 1998. Tra le varietà, predominante è ancora la Schiava, con 7,27 ettari, seguita da Pinot nero (6,02), Pinot bianco (2,39) e dal Riesling, che supera di poco l’ettaro e mezzo. Agli altri vitigni, Müller Thurgau, Gewürztraminer, Pinot grigio, Kerner e Chardonnay restano le briciole, con superfici tutte largamente inferiori all’ettaro ognuno. Studiando la diffusione delle varietà dal 1995 in poi si evidenzia la crescita della Schiava, che da 1,2 ettari del 1995-1996 passa a 2,1 ettari nel 1997, a 5,89 nel 2000 sino a toccare il massimo nella vendemmia 2001, la sostanziale stabilità ed il leggero aumento del Pinot nero, che dai 4,2 ettari del 1995 passa ai sei ettari dell’anno scorso, il leggero calo del Gewürztraminer, il costante rafforzamento del Pinot bianco, passato da 1,3 ettari del 1995 ai 2,39 ettari di oggi, e soprattutto i numeri piccoli di quella varietà, il Riesling renano, che sinora ha offerto, qualitativamente parlando, e anche a livello d’immagine e di valutazioni da parte della critica, i risultati più convincenti. Alla vendemmia 2001 di Riesling si contava poco più di un ettaro e mezzo, sostanzialmente mezzo ettaro più del 1995 e la stessa quota toccata nelle annate 1998 e 1999. Il che fa pensare che i produttori sul Riesling non stiano puntando poi in maniera così convinta come si potrebbe pensare.

Con numeri così piccoli, quanto a superfici vitate, anche la produzione, calcolata in ettolitri, non può che essere molto contenuta: 927 ettolitri nel 2001, in calo rispetto ai 945 del 2000, ma più che raddoppiati rispetto ai soli 450 ettolitri conteggiati nel 1995. Tra le varietà, ovviamente, prevale la Schiava, con 306 ettolitri, contro i 274 del Pinot nero, i 137 del Pinot bianco, i soli 72 del Riesling. A prescindere dalle statistiche, che dicono chiaramente trattarsi di una viticoltura in fase di rilancio, la Val Venosta merita oggi ampio interesse, e lo diciamo dopo aver visitato le principali cantine e assaggiato una gamma ampiamente rappresentativa della produzione attuale, per numerosi motivi: per lo spirito di gruppo che anima i produttori (piccole aziende con 4 ettari vitati al massimo) e li spinge a dialogare tra loro e trovare, insieme, pur mantenendo ognuno un proprio stile, il modo di migliorare e di crescere, per la personalità dei vini, che presentano uno spiccato carattere varietale ed un accento personale legato al terroir e ai microclimi della Valle, per il modo, che ogni azienda ha, di presentarsi sul mercato con gamme di vini diversi che tendono pertanto a non sovrapporsi ed ostacolarsi e a creare spazio per tutti.

C’è difatti, come Unterortl-Castel Juval e Falkenstein, chi punta decisamente sul Riesling, ed in seconda battuta su Pinot bianco e Pinot nero, concedendosi magari qualche piccola variazione sul tema con un Sauvignon ed un Gewürztraminer vendemmia tardiva come fa Franz Pratzner, e chi invece, come Stachlburg-Baron Kripp, preferisce concentrare la produzione su un’impostazione borgognona, con il Pinot nero e ben due Chardonnay, uno in legno ed uno in acciaio, mantenendo i legami con la tradizione locale con una Schiava, però passata in legno (non nuovo) per sei-sette mesi. C’è poi chi, come Pohl-Köfelgut punta soprattutto sul binomio Gewürztraminer-Pinot nero, e chi, come Schuster-Befehlhof, ha scelto di suddividere la propria produzione, ottenuta, da poco più di un ettaro, tra Müller Thurgau, Riesling (che è stato il primo a piantare in Val Venosta), un pizzico di Pinot nero, magari con l’aggiunta, in prospettiva, di un po’ di Zweigelt, l’autoctono Fraueler, ed una piccolissima produzione di spumante metodo classico, ottenuto da Pinot bianco e Riesling, realizzato per rivitalizzare un’antica tradizione venostana, che vide proprio qui, oltre ottant’anni fa, la produzione del primo spumante altoatesino, realizzato con Riesling in purezza. Ci sarebbe poi l’Ansitz Kränzel del conte Pfeil, cinque ettari e mezzo di vigneti, che oltre che su Pinot bianco, Pinot nero e Schiava punta anche su un uvaggio bordolese Cabernet-Merlot, ma la sua collocazione a Cermes, prima dell’imbocco della vallata, induce a non considerarla, a tutti gli effetti, azienda venostana, anche se con gli altri produttori valligiani costantemente interagisce e collabora.

Questa stilistica diversa entra, oltre che in vigneto, dove accanto alle tradizionali pergole si diffondono sempre più i moderni sistemi d’allevamento a Guyot, (addirittura con 9000 piante ettaro nel caso di alcuni vigneti di Pratzner), anche in cantina, dove la vinificazione dei bianchi viene spesso effettuata, oltre che in acciaio, anche con il ricorso a speciali piccole botti austriache di 15-17 ettolitri, costruite con legno d’acacia e spesso utilizzate, con ottimi risultati, nella Wachau. Queste piccole botti danno eccellenti risultati sul Pinot bianco e sul Riesling, perché se da un lato regalano maggiore struttura e spalla, danno una minore cessione di legno rispetto al rovere francese e consentono di ottenere un migliore equilibrio che non intacca il carattere varietale dei vini, quella fragranza aromatica, quella finezza, eleganza, sapidità, quel carattere spiccatamente minerale, (che si ritrova anche nei Pinot nero, più snelli e nervosi dei vini della zona di Mazzon, Appiano e Cornaiano), quel magnifico bilanciamento e quella spettacolare piacevolezza di beva che costituiscono la nota distintiva dei migliori bianchi della Val Venosta. Basta assaggiare i magnifici vini di Franz Pratzner, che partito con il 1995 ha raggiunto già splendidi risultati, soprattutto con il Riesling ed il Pinot bianco, lavorando su vigneti interamente a Guyot su vigneti terrazzati esposti a sud, per avere la prova di come questo particolare tipo di affinamento funzioni.

Anche se assaggiando gli spettacolosi Riesling di Castel Juval, 2000 e 2001, (posso definirli i migliori Riesling in assoluto mai prodotti in Italia insieme al Langhe bianco 1999 di Aldo Vajra?), che il berlinese Martin Aurich, da vent’anni in Italia, realizza nella tenuta di cinque ettari, di cui tre vitati, di Reinhold Messner, viene da pensare, visti i risultati, che anche l’acciaio, utilizzato da Aurich sia per la fermentazione che per l’affinamento, sulle fecce fini, possa essere un’eccellente soluzione. Da registrare infine, molto interessanti e da seguire, alcune prove in corso di vini stile austro-tedesco, giocate tra la vendemmia tardiva (come nel caso del Gewürztraminer di Falkenstein) e lo Spätlese con acini colpiti da muffa nobile (tipo il Riesling Spätlese 1999 di Unterortl): vini con un residuo zuccherino moderato, sui 30-35 grammi litro, che alla densità e alla ricca gamma e complessità di profumi di un passito aggiungono la freschezza, l’acidità calibrata, l’eleganza sapida e sottile, la perfetta pulizia ed il finale di bocca vivacissimo di un grande vino della Wachau e del Rheinfalz. Sono dunque da seguire con attenzione l’evoluzione e gli sviluppi futuri della viticoltura, difficile (che in talune condizioni può richiedere anche 800 ore di lavoro ad ettaro), della Val Venosta, perché anche se produzione vinicola di piccoli numeri (che spesso offre solo qualche migliaio di bottiglie per i vini più pregiati), saprà riservare grandi sorprese a tutti gli appassionati.

28 febbraio 2003

Bubwine@hotmail.com

Le cantine da visitare in Val Venosta:

Unterortl Castel Juval
Castelbello Posta Stava
Tel. 0473 667580 fax 0473 672745
E-mail familie.aurich@dnet.it

Falkenstein Franz Pratzner
Via Castello 15 Naturno
Tel e fax 0473 666054

Schlossweingut Stachlburg Baron Kripp
Via Mitterhofer 2 Parcines
Tel e fax 0473 968014
E-mail sigmund.kripp@stachlburg.com

Befelhof Oswald Schuster
Via Vezzano 14 Vezzano di Silandro
Tel. 0473 742197 fax 0473 742665

Köfelgut Martin Pohl
Rione ai tre canti 12 Castelbello
Tel. 0473 624142 – 624634 fax 0473 624142
E-mail scheli@dnet.it

Ansitz Kränzel Franz Pfeil
Via Palade 1 Cermes
Tel. 0473 564549 fax 0473 554806
E-mail wein@kraenzel-pfeil.com

stampa l'articolo