Quando Truman gli consegnò le chiavi di Kansas City
di Beatrice Mauri

Alberto Sordi nasce il 15 luglio del 1920 a Roma, nel quartiere popolare di Trastevere, figlio di un concertista del Teatro dell’Opera della capitale e di una maestra elementare. La sua vita si lega alle scene sin da subito: ancora bambino gira il paese con la compagnia del Teatrino delle marionette e canta come soprano nel coro della Cappella Sistina. Più grande, abbandona l’Istituto d’avviamento Commerciale che frequentava a Trastevere e si trasferisce a Milano per frequentare l’Accademia dei Filodrammatici, dalla quale viene, però, espulso per il forte accento romano. Dopo aver tentato senza successo la strada del teatro leggero, nel 1936 Sordi torna a Roma e partecipa come comparsa a “Scipione l’africano”, il primo dei circa duecento film ai quali parteciperà a vario titolo. L’anno successivo vince un concorso della Metro Goldwin Mayer come doppiatore di Oliver Hardy e, proprio come imitatore di Ollio, debutta nell’avanspettacolo con il nome di Albert Odisor.

Gli anni Quaranta vedono il giovane Sordi impegnato soprattutto come doppiatore e in teatro. Il cinema gli offre solo piccoli ruoli, mentre inizia ad avere uno straordinario successo radiofonico con “Rosso e Nero” e “Oplà”, presentati da Corrado, e “Vi parla Alberto Sordi”, dove “debuttano” il Signor Dice, Mario Pio e il compagnuccio della parrocchietta, prototipi di quell’italiano medio che in seguito Sordi porterà sul grande schermo. Il primo ruolo da protagonista al cinema arriva nel 1950 con “Mamma mia, che impressione!” e, nel 1951, Federico Fellini gli offre la parte dello sceicco romanesco ne “Lo sceicco bianco”. Il 1953 è l’anno cruciale della consacrazione cinematografica di Sordi con “I vitelloni”, diretto sempre da Fellini e “Un giorno in pretura” di Steno, dove nasce l’indimenticabile personaggio di Nando Moriconi, detto “l’americano”, protagonista l’anno successivo di “Un americano a Roma”. (Nel 1955 il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, gli conferisce le chiavi di Kansas City e la carica di Governatore onorario della città, proprio per la propaganda promossa dal personaggio di Moriconi).

Da questo momento la carriera cinematografica di Alberto Sordi è tutto un susseguirsi di titoli, con film e personaggi spesso diventati di culto, che hanno fotografato e segnato la storia del costume (e del malcostume) del nostro paese. Ricordiamo solo qualche titolo, “L’arte di arrangiarsi” di Zampa, “Un eroe dei nostri tempi” e “La grande guerra” di Monicelli negli anni Cinquanta; “Il vigile” e “Il medico della mutua” di Zampa negli anni Sessanta; “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata”, “Lo scopone scientifico”, l’indimenticabile “Polvere di stelle” con Monica Vitti e “Un borghese piccolo piccolo” negli anni Settanta; per finire con “Il Marchese del Grillo”, “Io so che tu sai che io so” e “In viaggio con papà” con al fianco Carlo Verdone negli anni Ottanta. Questo periodo vede anche la sua consacrazione come attore di fama mondiale con riconoscimenti in patria e all’estero. Solo all’Oscar non è arrivato. Un cruccio che lo ha seguito sino all’ultimo. Il prezzo da pagare per una vita artistica anticonformista, lontano dall’impegno politico professato da tanti suoi colleghi.

28 febbraio 2003

beamauri@hotmail.com
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